Adesso cominciamo a pubblicare un po’ di foto con volti di donne tumefatte. Dai, postiamo su Facebook e su Twitter qualunque motto che inneggi al femminismo e al ‘girl power‘, così, giusto per sentirci forti. Rispondiamo a tutti i trillini del Wazzup che impazza per rilanciare gli auguri di un gruppo di amiche, o genericamente donne. La giornata sarà lunga ad organizzare tutto quello che serve per una serata in cui nugoli di femmine si aggireranno per le città, all’ora dell’aperitivo e nel post, in discoteca, come pantere affamate di maschi che fanno finta di stupirsi. In realtà non aspettano altro.
Le mimose non le vogliamo più ricevere. Puzzano. Poi però se non arriva un mazzo di rose, tulipani, anche una margherita del giardino allora ci rimaniamo male perché siamo incontentabili.
Femministe e poco femminili, ci compiaciamo degli auguri dei maschi che ronzano attorno al nostro nido di api regine per il solo fatto che si siano ricordati che oggi è l’8 marzo.
Ci crogioliamo pure nel termine “femminicidio“: una parola di troppo o un moto di impeto vengono confusi con violenza.

Sono impazzita? No. Questo è quello che mi è capitato di leggere qua e là in rete, questa mattina, che poi è una mattina come tante altre.
L’effetto è strano.

Da una parte, amiche, colleghe, stimate professioniste si congratulano per quanto siamo riuscite a fare insieme, in parallelo, nelle nostre vite professionali e personali. Noi, Donne che lavoriamo, che mandiamo avanti la casa, contribuiamo all’equilibrio della famiglia. Femmine ma prima di tutto persone, accomunate dal fatto di essere nate “in rosa”.

Dall’altra, uomini, giovani e no, che scrivono frasi sdolcinate sui wall di questo e quel profilo; parlano dell’importanza della sfera femminile; la mamma non si tocca; salvo poi permettersi di tacciare una donna di essere scema solo perché piacente; di sminuire il valore di una frase fuori luogo e di un movimento, quello contro la violenza sulle donne, dicendo che “esistono altri problemi ben più importanti di cui preoccuparsi”.

Oggi è l’8 marzo, e fondamentalmente a noi di BELLA.it poco importa. La nostra Redazione “di femmine” è al lavoro come sempre, continuerà a farlo. Probabilmente festeggeremo ma forse anche no. Scriveremo e continueremo ad affrontare i temi del mondo in rosa come abbiamo sempre fatto: eventi, interviste, personaggi, momenti di bellezza, televisione… c’è un po’ di tutto, as usual, per affrontare al meglio il nostro venerdì di “passione”.

C’è però un dato che continuiamo a non capire: perché ogni tema che riguardi il mondo in rosa dev’essere tacciato di femminismo? Perché ogni volta che ci congratuliamo con le nostre colleghe dobbiamo passare per sindacaliste del gentil sesso?

Care amiche, io non credo che la presa di coscienza del periodo di incomunicabilità con l’Uomo sia riconducibile alle lotte femministe della fine degli anni Sessanta. Proprio no. Il tempo delle rivincite è finito, ora ci stiamo semplicemente limitando a vivere. Si chiama libertà. E se le nostre affermazioni passeranno, per qualcuno, in deliri da boccacce femministe…. ci spiace per loro.

Aggiungendo al mio augurio un tocco di frivolezza, non posso che dire quello che ci canterebbe la buona Sabrina Salerno: Siamo Donne, oltre alle gambe c’è di più.

Paola PERFETTI, direttore di Bella.it