Un passato come partigiano, diplomato in ragioneria e dotato di un talento imprenditoriale senza pari, Enrico Mattei ebbe modo di far ben presto parlare di sè fondando nel 1953 l’ENI, contro ogni previsione ma soprattutto contro gli ordini ricevuti da parte del Governo italiano che all’epoca l’aveva incaricato di smantellare l’AGIP.

Mattei la pensava diversamente e di fatto la storia gli ha dato pienamente ragione.

Con lui il settore petrolifero italiano conobbe uno sviluppo senza precedenti. E non solo in Italia. E fu sempre Mattei ad aprire le porte in Italia anche al nucleare. E sotto il suo comando l’ENI arrivò persino a mettere seriamente in crisi il cosiddetto “oligopolio” che fino ad allora era saldamente detenuto dalle cosiddette “sette sorelle”, le vere padrone del mercato petrolifero mondiale. Il suo potere ed il suo prestigio in ambito nazionale ed internazionale sembrava crescere a dismisura.

Nel 1961 arrivò persino la laurea ad honorem in ingegneria a consacrare ufficialmente una carriera come poche altre. Ma il suo tragico destino lo stava attendendo, inesorabile, qualche passo più in là.

Appena un anno dopo infatti Enrico Mattei morirà a causa di un misterioso incidente aereo le cui circostanze non sono mai state chiarite del tutto fino al 2005, quando una nuova inchiesta ha determinato la natura dolosa dell’accaduto.

Mattei è quindi stato assassinato secondo quanto hanno stabilito i tecnici 43 anni dopo la sua morte. A dimostrarlo ci sarebbero dei segni anomali di “esplosione” sia sui resti del relitto dell’aereo su cui viaggiava sia sull’anello e sull’orologio di Mattei repertati all’epoca dei fatti.

E che Mattei fosse un uomo “scomodo” per tutta una serie di centri di potere politico-finanziario non è certo un mistero.

E allora proviamo a fare un passo indietro per comprendere qual’era lo scenario entro cui è maturato l’attentato ad Enrico Mattei. E allora dobbiamo raccontare della lettera minatoria ricevuta poco tempo prima della sua morte da parte dell’OAS (Organisation armee secrete’ – un gruppo terroristico francese) ed in cui si faceva espressamente riferimento ad una serie di terribili conseguenze nel caso in cui Mattei avesse continuato ad appoggiare il Fronte di Liberazione Algerino.

In seguito alle minacce ricevute venne rinforzata la scorta del Presidente dell’ENI, composta per lo più da ex compagni partigiani di Mattei, persone di cui lui si fidava ciecamente.

L’8 gennaio 1962 avviene poi uno strano ritrovamento a bordo dell’aereo che avrebbe dovuto portare Mattei in Marocco per l’inaugurazione di una raffineria. Il pilota, allertato da un rumore anomalo a bordo del veicolo, trova un giravite fissato con del nastro adesivo ad una delle pareti del motore. Davvero una semplice dimenticanza da parte del personale addetto alla manutenzione? E se quell’attrezzo fosse finito nel motore durante il volo, una volta sciolto il nastro per via del calore generato dal reattore?

Certo sarebbe stato un “incidente” a dir poco “perfetto” e non avrebbe lasciato alcuna traccia dal momento che l’esplosione del reattore avrebbe distrutto l’oggetto intruso. E arriviamo così al 27 ottobre 1962. Il suo ultimo volo sarà da Catania a Milano.

C’era un violento temporale quel giorno. Il velivolo Morane-Saulnier MS-760 Paris su cui viaggiava Mattei precipitò nelle campagne di Bascapè, in provincia di Pavia. Nessuno degli occupanti sopravvisse allo schianto. Ma secondo alcuni testimoni in realtà l’aereo sarebbe esploso mentre era ancora in volo.

La prima indagine sull’ipotesi di attentato si chiuderà di lì a poco con un’archiviazione.

Nel 1997, 35 anni dopo “l’incidente”, i resti del relitto vennero analizzati con l’ausilio di nuove tecnologie. Ed i risultati permisero di riaprire le indagini. E stavolta non sembravano esserci dubbi sulla natura dell’accaduto: si e’ trattato di un attentato in piena regola e l’aereo è esploso in volo.

Mattei e gli altri occupanti dell’aereo sono dunque stati assassinati. Si, ma da chi e perchè? Secondo i tecnici sull’aereo venne piazzato un ordigno esplosivo contenente almeno 150 gr di tritolo, forse l’ultimo modo rimasto per convincerlo a lasciare la presidenza dell’ENI.

Si sa, con il tritolo c’è poco da discutere. E la sua morte ebbe una serie di importanti strascichi sotto diversi profili e per lungo tempo. Sul mistero della morte del “Presidentissimo” indagò anche Pier Paolo Pasolini, che curiosamente intitolò la sua ultima opera proprio “Petrolio”. Destini simili i loro, travolti dall’odio e dall’invidia di chi non avrebbe mai potuto eguagliarli.

 

Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi