Le sorprese sul caso Montesi sono solo all’inizio.

Il memoriale della Caglio fa letteralmente riesplodere il caso a livello mediatico e la donna venne interrogata segretamente in almeno 2 occasioni da Umberto Pompei, colonnello dei carabinieri.

Nel memoriale era contenuto anche il nome del capo della polizia Tommaso Pavone, a cui Montagna e Piccioni si sarebbero rivolti in cerca di protezione. Nello scandalo quindi ci finiscono anche alcuni esponenti degli alti vertici istituzionali. Intanto, Piccioni padre viene confermato al Ministero degli Esteri del nuovo governo.

Ma qualcosa sta cambiando.

Il sospetto serpeggia anche all’interno dei palazzi del potere e poco dopo Pavone si dimette dalla carica di Capo della Polizia. Ma non è ancora finita. Il governo affida al ministro Raffaele De Caro un’indagine sull’operato della polizia nella vicenda. Ora anche gli organi istituzionali esigono che venga fatta chiarezza sulla morte di Wilma Montesi.

Paese sera il 17 marzo 1954 pubblica uno scoop sensazionale: una foto del presidente del Consiglio Scelba ritratto insieme a Montagna alle nozze del figlio di un deputato democristiano. La tesi del complotto politico per coprire i reali responsabili della morte di Wilma Montesi prende sempre più piede.

Caso riaperto: l’indagine dei carabinieri

Su disposizione del Dr. Raffaele Sepe, un magistrato della sezione istruttoria della Corte d’appello di Roma, viene esumata la salma della Montesi. Contestualmente vengono disposti nuovi accertamenti e nuovi interrogatori.

L’inchiesta sul caso Montesi sembra essere giunta finalmente alla svolta finale.

Sulla scorta delle varie attività investigative emerge un disegno preciso che lega Piccioni, Montagna e i vertici delle forze dell’ordine romane. Lo scenario appare talmente chiaro da far sì che il 26 marzo 1954, a quasi un anno di distanza dalla morte di Wilma, il caso viene riaperto ufficialmente su ordinanza della Corte di Appello di Roma. E scattano anche le manette per Piero Piccioni e Ugo Montagna, che vengono arrestati rispettivamente con l’accusa di omicidio colposo e di uso di stupefacenti il primo, e di favoreggiamento il secondo. Con loro viene arrestato anche il questore di Roma, Saverio Polito, indagato per favoreggiamento.

Ma non è finita dal momento che altre nove persone vengono iscritte nel registro degli indagati, tra cui un esponente della nobiltà romana, il principe Maurizio d’Assia. Ormai lo scandalo ha raggiunto anche i salotti el potere romano ed il 19 settembre 1954 Piccioni padre viene costretto a dimettersi dalle cariche ufficiali. Ma non e’ ancora finita.

Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi