La parità dei sessi, come la parità dei diritti tra uomini e donne, è sempre un argomento di strettissima attualità.

A questo proposito, è stata appena presentata, nella sede dell’Associazione stampa romana, la ricerca “La rappresentanza femminile nel Lazio: parità di genere in politica”.

Tale studio è stato condotto dalla dottoressa Maria Grazia Rodomonte per capire quali meccanismi normativi, politici ed elettorali rendono faticoso l’insediamento delle donne non solo in politica, ma anche nei luoghi “decisionali”.

Analizzando la ricerca, Donatina Persichetti, presidente della Consulta femminile della Regione Lazio, ha indicato come una risorsa fondamentale, in ambito economico, sociale e culturale, l’avvento, negli ultimi decenni, delle donne ai posti di comando. Tale risorsa, perciò, “deve trovare un adeguato riscontro nella loro partecipazione nelle Istituzioni e nel management, per non privare l’intera collettività di un tangibile apporto per la realizzazione di una società più avanzata”, sostiene giustamente la dottoressa Persichetti.

Per dare una risposta a questi dubbi, la ricerca è stata condotta in maniera trasversale, analizzando sia la rappresentanza femminile esistente nelle Istituzioni, soffermandosi sulla Regione Lazio, sia i sistemi elettorali presenti a livello di governo, sia l’analisi degli Statuti dei partiti politici.

Il risultato è quello che ci aspettavamo: non bastano movimenti femminili, e femministi, per abbattere lo zoccolo duro dei pregiudizi che vedono, ancora oggi, l’uomo detentore del potere e la donna relegata nell’ambito famigliare.

E’ da qui, perciò, che bisogna ripartire e ricordare che, in una democrazia quale l’Italia afferma di essere, certi ruoli non vanno arbitrariamente assegnati ma discussi e, se necessario, ribaltati. Senza un cambiamento radicale, non ci potrà mai essere, nel nostro Paese, quella dinamicità che manca, e che ci permetterebbe di essere al passo con i tempi.

Purtroppo, il problema è alla radice, poiché il sistema politico dei partiti gira attorno alla figura maschile e non prevede normative che permettano di superare il gap di rappresentanza di genere (leggi: quote rosa). I pregiudizi, dunque, vengono alimentati anche da un sistema welfare che non permette, alle donne impegnate su più fronti, di conciliare tempi ed esigenze, sicuramente diversi da quelli dei colleghi uomini.

La richiesta, risultati alla mano, è quella di “inserire nell’agenda della politica azioni atte a sollecitare l’eleggibilità delle donne e la crescita della cultura delle pari opportunità”, indicate dalla Consulta in alcuni strumenti normativi utili, e noi aggiungiamo necessari:

– revisione delle leggi elettorali inserendo, ai sensi dell’art 51 della Costituzione, misure atte a favorire le pari opportunità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive. A questo proposito, potrebbe essere inserito il doppio voto di preferenza uomo-donna, liste elettorali con pari presenze maschili e femminili e alternanza dei sessi;

– prevedere norme premiali, per le liste che esprimono più donne elette, e penalità, compresa la ricusazione delle liste, se non viene rispettata la parità dei sessi tra le candidature;

– stabilire norme nazionali e locali atte ad affermare la composizione degli organi di governo e nelle Aziende Pubbliche in modo paritario;

– garantire parità di accesso nelle tribune elettorali televisive e nelle pubblicità a donne ed uomini candidati;

– revisionare gli Statuti dei Partiti per favorire un maggiore protagonismo delle donne in politica.

Certamente, oltre a questi provvedimenti che noi auspichiamo, ci vorrebbe un riavvicinamento e un nuovo coinvolgimento nelle attività politiche che, nelle donne, sono vistosamente calati, anche a causa della crisi e degli scandali che hanno coinvolto l’Italia.

Le vicissitudini degli ultimi mesi sono state un deterrente ma si può porre fine a certi comportamenti solo scendendo in campo, con volontà, entusiasmo e passione, qualità che alle donne non mancano.

Vera Moretti