Sid Vicious, bassista e cantante di una delle più celebri band punk rock inglesi degli anni ’70, i Sex Pistols, è stata una delle star più note e ammirate da molte generazioni non solo per le doti musicali, ma anche per la sua condotta in perfetto stile sesso, droga e rock&roll.

Sid Vicious e la sua fidanzata Nancy Spungen hanno vissuto la loro giovinezza all’insegna dell’alcool e dell’eroina, fino al più terribile degli epiloghi.

La mattina del 13 ottobre 1978 il corpo di Nancy, allora ventenne, viene trovato riverso sotto il lavandino del bagno di un hotel di New York.

La ragazza è morta dissanguata a causa di una profonda ferita all’addome. A scoprire il cadavere è proprio Sid, che divideva con lei la stanza. La coppia era reduce da un festino a base di droga che si era svolto la sera prima proprio in quella stanza, al termine del quale Sid era collassato sul letto.

La mattina seguente la drammatica scoperta. Le indagini si concentrano subito sul giovane bassista, che ammette l’omicidio, pur sostenendo di avere dei ricordi molto confusi a causa dell’abuso di sostanze.

I due quella notte avevano litigato e Sid aveva afferrato un coltello. A quel punto Nancy gli si era messa davanti ma lui non si era accorto di averla ferita e si era addormentato. Questa è la versione di Sid, arrestato ma rilasciato su cauzione dopo soli 4 giorni. Meno di due mesi dopo la rockstar torna in carcere per rissa. Viene rilasciato il 1° febbraio 1979 e il giorno seguente muore per un’overdose. Aveva 21 anni.

Negli ultimi anni si è tornato a parlare dell’omicidio di Nancy Spungen perché c’è chi è convinto che le cose non siano andate come si crede e che Sid Vicious sia innocente. Pare infatti che alla festa in quella stanza d’albergo fosse presente anche uno spacciatore.

Quest’uomo si sarebbe trattenuto fino alla fine, quando gli altri ospiti se ne andarono a Sid collassò sul letto. A questo punto lo spacciatore avrebbe iniziato a frugare nei cassetti alla ricerca di soldi e, colto in flagrante da Nancy, l’avrebbe accoltellata.

Sull’arma del delitto, tuttavia, erano presenti solo le impronte di Sid Vicious.

Quest’ultima ipotesi è quindi forse solo una delle tante voci che ciclicamente fanno tornare a parlare dei “maledetti del rock”, consacrandoli inevitabilmente all’immortalità.

Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi