IL WEB SOMMERSO

Si chiama deep web è la parte sommersa del web. Un mondo di informazioni che scorrono attraverso internet ma non sono né visibili né accessibili ai comuni utenti. Per accedervi non basta utilizzare i comuni motori di ricerca, ma bisogna conoscere le password e utilizzare dei web-crawler capaci di interrogare i database delle pagine dinamiche o di quelle ad accesso ristretto.

Già nel 2001 il Journal of Electronic Publishing parlava di 550 miliardi di documenti presenti sul web invisibile, mentre non raggiungevano i 2 miliardi quelli indicizzati da Google. E secondo una ricerca più recente il coefficiente di crescita del deep web è del 300% ogni quattro anni.

Questo mondo virtuale sommerso viene utilizzato dai governi che vogliono prevenire i pericoli internazionali e nazionali, dai servizi di intelligence sia pubblici che privati, da gruppi politici e religiosi, da ricercatori e professionisti. Insomma, la sensazione è che il web a cui abbiamo accesso tutti i giorni noi “comuni mortali” sia solo la punta dell’iceberg, lo specchietto per le allodole che ci illude di aver accesso a qualunque informazione, mentre quelle che veramente contano sono nascoste e utilizzabili da pochi “eletti”.

Ovviamente il crimine, in questo tipo di realtà, è dietro l’angolo: killer a pagamento, materiale pedopornografico, la possibilità di acquistare droghe di qualunque tipo…tutto questo fa parte del darknet, ossia la parte oscura del web, il peggio della rete.

Nell’ottobre 2011 i pirati informatici del gruppo internazionale Anonymus hanno annunciato di aver smascherato una rete di pedopornografia online che si serviva di numerosi siti internet. L’attacco a questi siti da parte di Anonymus è stato chiamato proprio “Operazione darknet”. Gli hacker hanno preso di mira in particolare il sito “Lolita City”, diffondendo i nomi in codice e altre informazioni delle 1.589 persone che lo frequentavano per scambiarsi foto e materiale video di bambini costretti ad atti sessuali.

IL CYBERCRIME
Secondo una ricerca della Norton è di 90 euro il costo medio pagato da ogni italiano vittima di un crimine informatico. 36, invece, sono in media i giorni che spreca per rimediare ai danni subiti. A livello mondiale, su quasi 20 mila persone prese come campione, il 44% ha subito un crimine online, contro al 15% che è stato vittima di un crimine nel mondo reale. Le perdite subite a livello globale a causa del crimine informatico sono di 114 miliardi di dollari, che diventano 388 miliardi se si considera il costo del tempo impiegato per risolvere i problemi creati dal crimine subito. Cifra nettamente superiore, ad esempio, a quella del mercato nero delle droghe, che è di 288 miliardi di dollari. E il fenomeno del cybercrime, com’è facile ipotizzare, crescerà ancora. Ma cosa possono fare gli Stati per prevenire questo tipo di crimine che si consuma sul web? Il 21 novembre 2001 a Budapest è stata firmata la “Convenzione contro la cybercriminalità”, che ad oggi è l’unico testo internazionale vincolante per combattere questo tipo di reati. Sinora, però, solo 32 Stati hanno ratificato la convenzione. Tra gli assenti, anche 9 membri dell’Unione Europea: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Polonia e Svezia.

Sembra evidente, quindi, che a combattere il cybercrime debbano essere innanzitutto i singoli cittadini, attraverso un utilizzo consapevole della rete: non bisogna mai, ad esempio, fornire le proprie coordinate bancarie, anche se a richiederlo sono siti o mail che sembrano appartenere alla propria banca di riferimento. Bisogna sempre leggere i termini e le condizioni quando si acquista o si scarica qualcosa e, soprattutto, bisogna sempre tener presente che i dati forniti possono essere memorizzati e riutilizzati da chi gestisce i vari siti.

Qualora si ritenga di essere vittima di un crimine informatico, in Italia è opportuno rivolgersi al Centro Nazionale Anticrimine Informatico Per La Protezione Delle Infrastrutture Critiche, inaugurato nel 2009 e che oggi è considerato un centro d’eccellenza del settore.

 

Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi