Che le donne stessero facendo passi da gigante nel mondo dell’imprenditoria si sapeva dal momento che, soprattutto negli ultimi anni, sono sorte molte le aziende “in rosa”. Ciò di cui in pochi si rendono conto però è che i progressi sono dovuti anche al fatto che fino a poco tempo fa queste realtà quasi non esistevano.

Finalmente, le donne capo d’azienda non sono più considerate delle “pioniere” ma una presenza che vuole e deve diventare sempre più consistente. I numeri parlano chiaro: i dati presentati da Confartigianato alla convention nazionale di Donne Impresa mostrano l’Italia in prima posizione in Europa per donne imprenditrici e lavoratrici autonome, donne che stanno raggiungendo ormai il milione e mezzo di unità.

Tra queste, massiccia è la presenza delle imprese artigiane, con la ragguardevole cifra di 367.000 su tutto il territorio nazionale e, in particolare, 68.000 nella sola Lombardia.
Proprio in questa regione, ed in particolare nella città di Bergamo, sta per partire un sondaggio che, proposto alle più di 2.000 donne iscritte all’Associazione Artigiani, monitorerà la vita quotidiana di queste imprenditrici per capire come la crisi si è fatta sentire e come è stata affrontata dentro e fuori dall’ambiente lavorativo. Si tratta di un progetto molto importante poiché offrirà uno spaccato veritiero della condizione attuale delle imprese, attraverso il quale ci si renderà conto di quanto sia cambiata la situazione economica e familiare di queste donne che, nonostante il forte impegno sul lavoro, sono anche mogli e madri.

Si darà ampio rilievo alle problematiche dovute alla gestione della quotidianità, perciò le domande saranno focalizzate sulla situazione familiare, quindi sulla presenza di figli a carico, presenza o assenza del coniuge e suo eventuale sostegno, presenza nel nucleo familiare di anziani da accudire, nonché sull’esistenza o meno di difficoltà economiche.

Chi si appresta a intraprendere questa inchiesta, ha il presentimento che il quadro che si prospetterà non sarà del tutto roseo.
Le donne, si sa, anche prima dell’avvento della crisi, erano chiamate a farsi carico delle incombenze familiari, e in questo senso, il nemico numero uno era il tempo, che non bastava mai, che portava ad una serie di inevitabili rinunce.
Ma ora, i problemi all’orizzonte appaiono ancora più seri, perché, per riavviare un’impresa in difficoltà, per ritornare a pieno regime, ci sarà la necessità di chiedere prestiti, compiere investimenti, ma … tutto questo  sarà possibile? In molti casi, si tratta di donne che, da sole, hanno sostenuto non solo l’azienda, ma anche la famiglia, nei casi, purtroppo non rari, in cui i mariti hanno perso il lavoro o subito un ridimensionamento delle loro mansioni.

L’osservatorio che si è fatto carico di questo sondaggio ha intenzione di far emergere tutte le problematiche che fanno parte dell’imprenditoria femminile, cercando di sostituire uno Stato che, sì, sembra vicino alle donne, ma solo a quelle dipendenti e non titolari di impresa. Si fa strada, infatti, l’idea del mutuo-aiuto che potrà agire in maniera più incisiva e diretta solo quando si avranno i risultati, quando le vere esigenze delle imprenditrici italiane saranno chiare. Non saranno più solo numeri ma problemi effettivi, che pretenderanno di essere risolti, per difendere un importante patrimonio del territorio : non solo l’imprenditorialità, ma anche e soprattutto la creatività, lo spirito d’iniziativa e la passione femminili.

Vera Moretti