Si parla spesso di quote rosa, soprattutto in vista delle elezioni e quando un nuovo governo si insedia al potere. Oppure, come in questo caso, quando, leggendo la classifica delle cinquanta donne più potenti del mondo, di italiana se ne trova solo una.
Io non so se imporre la presenza di una percentuale femminile tra le più importanti cariche, politiche e non, sia un bene.

Essendo donna, inizialmente mi indignavo, perché mi sembrava un modo di svalutare l’intelligenza e la capacità delle donne. Pensavo che bastasse dimostrare di essere in grado di ricoprire un ruolo, per ottenerlo. Ora mi accorgo di essere stata ingenua a pensarlo, perché purtroppo viviamo in un mondo ancora fortemente misogino e maschilista, che si basa su una profonda spaccatura tra “maschi e femmine”.

In questa cornice, non troppo incoraggiante, sì, credo che farebbe bene, a certi maschi, essere affiancati, se non superati, dall’altra metà del cielo, come si diceva secoli fa. Perché uso un’espressione così obsoleta? Perché è lì che siamo rimasti.
Leggo che negli Stati Uniti il 2010 è l’anno del sorpasso, poiché il numero di donne lavoratrici è maggiore rispetto al numero di uomini. Sembra impossibile, perché nessuno crede alla favola della parità e sicuramente il gap tra uomini e donne è ben evidente, se pensiamo alle retribuzioni, ai livelli occupazionali e alle conquista di posizioni di comando. La spiegazione è semplice : i settori più colpiti dalla crisi, dall’industria manifatturiera alle costruzioni, sono quelli con maggioranza di lavoratori uomini, mentre quelli “sopravvissuti”, ad esempio insegnamento e assistenza ospedaliera, vedono una maggioranza di donne. Perciò, non illudiamoci, nelle fantomatiche “stanze dei bottoni” ci stanno ancora loro, i maschi.
Si tratta, quindi, di una buona notizia solo a metà, se si pensa che molte donne, madri e mogli, hanno dovuto cercare un impiego per poter salvare le sorti della famiglia dopo il licenziamento del marito.

Cerchiamo, però, di vedere, in questa situazione di difficoltà, il lato positivo. Il sorpasso c’è stato, almeno oltreoceano, e ci si augura che i numeri pareggino non solo in quantità, ma anche in qualità. E che, magari, questa tendenza arrivi anche in Italia.

Da noi, questi dati sono lontani dall’essere raggiunti, anche se, lo si deve ammettere, un sempre maggiori numero di nuove aziende e nuove iniziative sono “in rosa”. Si tratta spesso di mamme che, dopo le gravidanze e i congedi di maternità negati, hanno deciso di mettersi in proprio creandosi lavori quasi “su misura”, venendo loro stesse incontro alle proprie esigenze, dal momento che nessun’altro era intenzionato a farlo.
Chissà mai che le risorse infinite e creative delle donne non comincino ad essere valorizzate anche in ambiti più rigidi ed inaccessibili. Speranza vana? No, se ci si rimbocca le maniche tutte insieme e dimostrando, una volta di più, che le donne possono arrivare dovunque e che, soprattutto, la solidarietà femminile esiste.

Quote rosa, dunque, sì o no? Sì perché il mondo è ancora maschilista, per non dire misogino, ricordandosi sempre che

“se si danno alle donne le occasioni adeguate, possono fare tutto”.

Dove l’ho già sentita questa? Ah sì, è lo slogan di TheWoman!

Vera Moretti