di Paola PERFETTI.

Torinese, a Milano da 2 anni e mezzo, Manuela Alessandra Filippi ha trascorso la sua vita viaggiando, conoscendo, raccontando storie, quelle della nostra Arte.
Dopo le esperienze a Roma (come assistente del curatore al Palazzo delle Esposizioni e come fondatrice dell’archivio storico e artistico di Poste Italiane, giusto per citare solo due fra i prestigiosi incaricati coperti durante la sua professione), Manuela Alessandra Filippi è rimasta folgorata dalla città della Madonnina e dai suoi angoli nascosti e così, dopo un giro in bici e tante letture (Stendhal docet), ha fondato Città nascosta Milano e ideato La cultura si mangia! Un panino con…, un’associazione ma anche una piccola impresa tutta al femminile che propone a prezzi modici un panino, una bibita e una visita guidata ad hoc per il break della pausa pranzo.
In poco più di sei mesi l’idea è diventata un appuntamento imperdibile per businesswoman, appassionati, cultori del gusto a 360 gradi: TheWoman si è fatta raccontare questa storia affascinante proprio dalla sua fondatrice.

Può dirci com’è nata Città nascosta a Milano?

Tutto è cominciato quando abitavo a Roma. Nella Capitale Città nascosta esiste già da vent’anni, ne avevo sentito parlare da mia madre, una donna interessantissima, che era iscritta a questa associazione. Quando sono arrivata a Milano è stata lei a lanciarmi l’idea. “Perché non fai la stessa cosa?”, mi ha detto. Ma appena arrivata non erano questi i miei progetti.

Ovvero?

Era il 5 novembre 2008. Allora sono partita da Roma con la mia macchina, i miei gatti e i camion dei traslochi. Erano 8 anni che cercavo di andare via da Roma e non ci riuscivo perché ogni volta capitava qualcosa. Poi mia figlia è partita per Parigi, per motivi di studio. Ho aspettato due mesi, ho salutato i miei amici romani ed eccomi a Milano.
Se arrivi da Roma non c’è un’altra città in Italia in cui tu possa andare se non Milano, soprattutto per una donna come me che rimane sempre e comunque una nordica mediterraneizzata. Tornare, non volevo tornare da nessuna parte: volevo solo andare, e ho pensato a Milano perché secondo me è una città perfetta per chi ha ancora voglia di combinare qualcosa nella vita. E’ una città con un’energia molto particolare, che premia chi ha voglia di fare, perfetta per realizzare un progetto, un’idea, un’impresa. Anzi, non c’è città più perfetta di questa, nel nostro Paese.
Arrivata a Milano, e con la casa a soqquadro per motivi di ristrutturazione, ho cominciato a esplorare i dintorni poi, proprio chiacchierando con mia madre, è nata l’idea di Raccontare, cosa che a me piace tanto, la storia dell’arte. All’inizio non l’ho presa molto sul serio: non avrei mai pensato di mettere in piedi una cosa così, non era nei miei progetti.

Perché a Roma non faceva niente di tutto questo.

L’ultimo mio progetto è stato la fondazione dell’archivio storico e artistico di Poste Italiane, nel 2001. Era un progetto meraviglioso nel quale abbiamo messo in salvaguardia migliaia di oggetti, beni, opere d’arte, arredi, oggetti tecnologici, un Patrimonio.
L’archivio fotografico era immenso, l’abbiamo digitalizzato, catalogato, includendo un nucleo importante di filmati. Poi, ho pubblicato il primo volume di una collana di libri che avevo pensato per Poste Italiane, tutto dedicato alla storia delle buche delle lettere: è stata un’avventura bellissima. Addirittura Andrea Camilleri mi ha scritto un racconto, la storia del suo primo turbamento sentimentale e della prima lettera d’amore che scrisse a una sua compagna delle elementari.

E poi via.

Sì, lasciato tutto sono arrivata in una città che di fatto non conoscevo. Perciò sono partita ad esplorarla in bicicletta con un cestino di guide sulla sua storia, i suoi racconti. In due mesi l’ho perlustrata con l’aiuto di guide come quella del Touring, quella sulle meraviglie nascoste, per non citare il diario di viaggio e gli appunti di Stendhal o il volume (meraviglioso) sulla storia dei palazzi di Milano, scritto agli inizi del ‘900 da Giacomo Bascapè.
Oggi non si trova più in commercio, ma si tratta di una fonte preziosa per scoprire Milano: con queste storie mi sono accompagnata svariati pomeriggi e sa di che cosa mi sono resa conto? Che non è affatto vero che a Milano non c’è niente da vedere o da fare, che non è affatto la città più brutta e meno storica d’Italia. Milano è una gentildonna che va scoperta e come tutte le gentildonne è ritrosa e riservata.
Non è come Roma, una cortigiana che si mostra e si offre alla vista di tutti. Milano non si offre alla vista di tutti ma solo a chi ha davvero desiderio di scoprirla. Milano non è né Roma né Venezia. Milano è Milano. Non si può pensare che una bella dama si metta in mostra coperta di belletto. No. Milano è come Torino. Anche Torino sembra una città austera, brutta e respingente (io poi sono di Torino): c’è solo bisogno della giusta predisposizione per scoprirla, senza lasciarsi sopraffare dagli stereotipi e senza dimenticare che Milano è stata massacrata dai bombardamenti.
Su un numero che era di circa 76-78mila vani, nei bombardamenti del 1943/1944 ne andarono persi più di 50mila, e questo vuol dire che la parte più storica della città, quella compresa nei vecchi bastioni spagnoli, era seriamente compromessa. È un miracolo che questa città esista ancora. E poi man mano studiando, girovagando e leggendo i libri, ho scoperto che Milano è stata rasa al suolo mille volte. Non è come le altre città! Milano è stata terra di conquista per millenni, dai Celti fino ai bombardamenti del ’43, per tacere tutto quello che le è stato fatto con la ricostruzione degli anni ‘60/’70. E se a Roma più che i barbari poterono i Barberini, qua più che le bombe poterono gli speculatori dell’ultima ora.

Quindi Milano è la città nascosta…

È nascostissima! Prendiamo Santa Maria presso San Satiro, incastonata in questa via Torino caotica e affollatissima, piena di negozi che non sono sempre troppo attraenti. Chi arriva mai immaginerebbe di vedere una delle chiese più belle di Milano. Perché? Perché tutta la parte esterna della facciata è austera, riservata, non viene ostentato nulla. Non dimentichiamo che Milano è una città borromaica, dove è forte l’influenza di Carlo e Federico Borromeo, dove prevale il senso della morigeratezza, del non apparire, non ostentare e cercare di rispettare il decoro pubblico senza nessuna ridondanza, senza nessun eccesso.
Tant’è che le cose belle di Milano sono dietro, sono le facciate sui giardini, i giardini segreti, gli interni. Senza dimenticare che dal 286 al 402 è stata Capitale dell’Impero Romano, con il terzo anfiteatro più grande, dopo quelli di Roma e Capua. Era una città bellissima, importante. Poi nel 402 Onorio sposta la Capitale a Ravenna per ragioni di sicurezza, ma Milano è sempre stata una città con un’energia particolare. A differenza di molti altri luoghi ha una pianta circolare e dunque un’energia circolare che è bellissima: è fatta di tanti anelli concentrici con tanti spicchi (ancora si parla di prima cerchia dei navigli, seconda cerchia dei bastioni spagnoli, poi c’è la terza cerchia). Milano è un sole che vede il proprio centro tra piazza dei Mercanti e il Duomo, e poi s’irradia verso tutte le direttrici. Se Venezia ha, per esempio, la forma di un grande pesce, Milano è un grande pianeta e nonostante gli stravolgimenti che ha subito nel secondo dopoguerra, sa mantenere tutta questa sua forma ed energia circolare. Poi ho scoperto che Milano era divisa in sestieri, come Venezia: in sei spicchi e con la stessa numerazione, dal centro ad uscire: il numero 1 era Palazzo Reale, e così a seguire fino a 3000 e più. Se lei ci fa caso ci sono ancora queste numerazioni sulle facciate di alcuni palazzi storici del centro. E poi i Sestieri di Porta Orientale, Porta Ticinese, …

Le persone che si riferiscono a voi in pausa pranzo chi sono?

Direi che sono relativamente giovani, perché l’età media è dai 30 ai 45/50 anni, e che sono più donne che uomini. Il target è per l’80% di persone che lavorano e che effettivamente vengono per godersi la pausa pranzo. Da poco ho redatto i grafici e ho cominciato a studiare la tipologia di persone, l’utenza, cosa piace di più, di meno. Tra i nostri associati abbiamo un numero considerevole di avvocati, manager, funzionari e dirigenti di banca… Sembra che i milanesi cerchino un momento di benessere nella giornata e lo ritrovino nel Bello, non sapendo di averlo sotto agli occhi.
La maggior parte delle persone che sono venute con noi si sono avvicinate proprio per questa ragione. Spesso si crede che l’arte sia un mondo a parte, molto elitario, per addetti ai lavori, ma in realtà tutto dipende da come lo spieghi, da come racconti le cose – o noiosissimo o avvincente- , dalle parole e dal linguaggio che usi.

Come si pongono nel momento della visita? Sono davvero interessati, fanno domande…?

Sono interessati, fanno domande e hanno in genere una preparazione discreta. Nella maggior parte dei casi provengono da altri mondi e con l’Arte hanno poco a che fare. Ma c’è una parte dei nostri associati che ha una preparazione di base molto buona e che arriva perché all’inizio è incuriosita e poi torna perché si sente soddisfatta dal tipo di racconto che offriamo e dalla qualità della loro pausa.

Come vi trovano? Tramite Facebook, o perché conoscono Città Nascosta di Roma, o perché cercano un’alternativa alla pausa pranzo…

Direi che la maggior parte degli associati viene per l’idea della pausa pranzo e ci trova per passaparola, per gli articoli che la stampa ha scritto sull’idea della pausa pranzo, i servizi alla televisione, alla radio…. Il fatto che Città nascosta esistesse già a Roma ha influito poco. Infatti all’inizio è stata dura. Poi ho avuto l’idea della pausa pranzo con la cultura e a quel punto tutto è cambiato…

Perché inizialmente la sua proposta era diversa?

All’inizio offrivo visite guidate a tutti i luoghi nascosti di Milano. Ho guidato a delle aperture straordinarie, ho fatto vedere cortili, palazzi non aperti, mostre a Palazzo Reale, PAC, Palazzo della Ragione, mostre fotografiche… Belle iniziative, certo, ma non rivoluzionarie! Il grande salto è stata l’invenzione della pausa pranzo.

Secondo lei questo tipo di progetto potrebbe funzionare anche per altre città?

Credo di sì. Adesso ho depositato il marchio proprio perché penso che possa essere un’idea che valga e che possa funzionare anche in altre città. A Torino potrebbe funzionare. Ma anche a Palermo, a Genova. Quest’ultima è una città a cui io penso molto, è bellissima. È una città che meriterebbe molto di più.

Quali sono gli itinerari preferiti dalle donne a Milano?

Credo quelli legati alle opere d’arte singole, o comunque un pezzo di storia dell’arte. Ad esempio quella che io chiamo “la passeggiata onirica” attraverso la Milano Imperiale: la organizzo rigorosamente di notte. Ma piace molto anche la passeggiata del Liberty, in cui racconto l’evoluzione della città a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento. Piace molto anche Botticelli, il Poldi Pezzoli (con la raccolta del Cinquecento). Piace la Fornace Curti e piace molto Lucio Fontana.

Perché secondo lei?

Forse perché Lucio Fontana è un nome che è entrato nell’immaginario collettivo, è un artista simpatico e molto attraente. E poi perché le opere di Lucio Fontana sono molto femminili. È una chiave di lettura che ho dato quando anni fa ho lavorato al suo Centenario: queste Nature di Fontana sono tremendamente femminili. Sono evocative. Sono sessualmente evocative.

Gli appuntamenti che piacciono più agli uomini?

Ciò che riguarda le cose concrete, se racconti loro una cosa che abbia a che fare con la cultura e qualche risvolto succulento, piace. Piace molto il percorso sulla Milano criminale. Sebbene ci sia una netta preponderanza di pubblico femminile (65% donne-35% uomini), gli uomini che vengono sono molto assidui, costanti, non se ne perdono una e, se potessero, verrebbero a tutti gli appuntamenti. Sono pochi ma buonissimi. Piace molto la parte dell’architettura, del design, l’applicazione, il costruire, il fare… tutto ciò che è concreto.

Infine, il suo argomento preferito su Milano invece, che le piace raccontare?

Ne ho due: uno è Lucio Fontana, perché è un tormentone per me, è il mio artista preferito e Lucio Fontana é Milano. E l’altro è la Milano Imperiale, anche perché l’archeologia è stato il mio primo amore. Con il tempo ho capito che preferivo avere a che fare con i vivi. Ciò non toglie che tutto ciò che è nascosto sotto terra continua ad esercitare su di me un fascino fortissimo: penso che tutto quello che sta sotto i miei piedi mi può aiutare a comprendere ciò che sta sulla mia testa. Perché qualunque cosa ha un attacco a terra e i miei piedi camminano sulla strada che a sua volta probabilmente percorre la strada di qualcun altro. E se io sento i miei piedi forse posso comprendere quello che si agita nella mia mente.

A questo punto: non perdere gli appuntamenti di Città nascosta Milano perché…?

Perché sono un’occasione per riscoprire i valori della Bellezza, delle cose dimenticate, il valore e la sostanza della conoscenza.
Perché alla base c’è sempre questa volontà di fare percepire alle persone l’importanza della conoscenza come elemento formativo della nostra identità.
Perché non è solo una visita guidata, ma è anche la possibilità di parlare di un argomento diverso, di incontrare persone che altrimenti non incontreresti, di scoprire un libro che non hai letto, di andare lì e poi vedere un’altra cosa.
Per scoprire soprattutto il valore del sapere.
Perché sapere è conoscere e conoscere è essere liberi e la libertà ti permette di poter scegliere con consapevolezza.
La conoscenza è libertà; è quello che cerco di trasmettere quando racconto un pezzo di storia dell’arte.

Cittanascostamilano.it

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