La testimonianza di Adriana Bisaccia e la pista dei “Capocottari”

Il 6 ottobre del ‘53 sul periodico scandalistico Attualità viene pubblicato l’articolo “La verità sul caso Montesi”, un’indagine giornalistica molto approfondita sul jet set romano, raccontato attraverso gli occhi di un’attrice ventitreenne che sbarcava il lunario facendo la dattilografa, tal Adriana Concetta Bisaccia.

La ragazza aveva raccontato al giornalista di aver partecipato con Wilma ad un’orgia che si sarebbe tenuta a Capocotta, una località non distante dal luogo in cui è stato ritrovato il corpo senza vita di Wilma Montesi. Secondo il racconto della giovane attrice, a quell’orgia avrebbero partecipato anche alcuni nomi noti della nobiltà della capitale e i figli di alcuni politici di spicco.

Secondo le dichiarazioni della Bisaccia, la Montesi avrebbe assunto un cocktail letale di droga e alcolici e, in seguito, avrebbe avuto un grave malore da cui sarebbe derivato il decesso. Il corpo esanime sarebbe poi stato trasportato da alcuni partecipanti all’orgia sulla spiaggia, dove effettivamente viene ritrovato la mattina dell’11 aprile 1953.

Nell’articolo compariva, tra gli altri, ancora una volta il nome di Piero Piccioni tra i partecipanti all’orgia mortale.

A questo punto il caso Montesi trova nuova linfa mediatica e tutti i principali giornali dell’epoca tornano ad occuparsi della tragica fine della giovane romana. Del resto è davvero un’occasione imperdibile per la stampa scandalistica dell’epoca perchè i vari soggetti coinvolti nell’orgia appartengono all’alta società romana.

Parallelamente acquisisce sempre più forza l’ipotesi che la precoce archiviazione del caso sia stata in realtà pilotata dagli inquirenti al fine di proteggere i prestigiosi rampolli romani. Naturalmente dopo l’articolo sono diverse le persone a finire nei guai, in primis Muto, il giornalista che ha firmato il pezzo e la sua fonte, Adriana Concetta Bisaccia. Seguiranno quindi una serie di smentite poi ritrattate. Insomma, ormai era chiaro per chiunque decidesse di occuparsi del caso Montesi che i guai non sarebbero mancati di certo.

La testimonianza di Moneta Caglio

Ma dopo il racconto della Bisaccia, anche una seconda ragazza viene allo scoperto e rilascia una serie di dichiarazioni decisamente compromettenti. La donna, Maria Augusta Moneta Caglio Bessier d’Istria, detta Marianna o “il cigno nero”, era figlia di un notaio di Milano e come la Bisaccia stava cercando di entrare a far parte del mondo dello spettacolo.

Proprio a Roma era diventata amante del Montagna, marchese di san Bartolomeo e personaggio attorno a cui ruotava il mondo dei VIP romani. Già la ragazza aveva incontrato il procuratore Sigurani due volte, ed in entrambe le volte aveva reso una deposizione sulla vicenda, che però fino ad allora era stata, inspiegabilmente, sempre ignorata.

La Caglio affermava che la Montesi era diventata la nuova amante di Montagna, e di essere a conoscenza della verità dei fatti.

La giovane era poi tornata dal padre a Milano. Di lì a poco si rivolge ad uno zio prete per chiedere istruzioni su come agire, ben consapevole dei rischi che stava correndo decidendo di parlare del caso Montesi.

La ragazza, su indicazione dello zio prete, consegna un memoriale a dir poco scottante ad un sacerdote gesuita. Nel memoriale la donna confermava la responsabilità di Piccioni e Montagna secondo quanto scritto dai giornali. Erano stati loro a portare il corpo di Wilma sulla spiaggia per depistare le indagini.

Una copia del memoriale venne inviata dalla Caglio anche al Papa.

Una parte della Democrazia Cristiana tuttavia tendeva a screditare la testimonianza della donna sulla base di presunti legami tra la Caglio e una corrente interna alla DC stessa che era contro Piccioni.

Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi