Junk food, finger food, fast food o street food sono universalmente noti come cibi “peccaminosi”. Concedersi un hamburger di tanto in tanto non comporta di certo le punizioni che Dante narrava nel suo VI Canto dell’Inferno. Non si abbatterà su di noi nessuna pioggia “etterna, maladetta, fredda e greve”, ma vi è comunque il rischio che l’ago della bilancia, se la pratica diventa una consuetudine, subisca un bello scossone con conseguenze non da poco sulla nostra salute.

Basta pensare che mediamente un panino da fast food apporta una concentrazione calorica che varia dalle 750  alle 850 kcal, in maniera più dettagliata si tratta di  55 grammi di proteine, 45 g di grassi, 55 g di carboidrati , 4 g di sodio.

A preoccupare non è di certo la cellulite sulle cosce o sul lato B, ma i problemi (soprattutto cardiovascolari) che questi cibi comportano, principali cause di obesità, ipertensione e diabete sia negli adulti che nei bambini. Nonostante numerose catene nazionali e non ormai apportino, per disposizioni legislative, sulle etichette dei loro prodotti tutte le informazioni nutrizionali, solo un consumatore su sei presta attenzione.

Varcata la soglia di qualsiasi Magic Land del cibo si tende ad eccedere in tutto. Con un’unica porzione si assumono già la metà delle calorie totali da ingerire  in un’intera giornata. Se provassimo a sommare a queste le restanti derivate da colazione, merenda e cena?

Il tempo smart nella preparazione di un pasto lo rende di certo appetitoso, ma questo cela l’uso di grassi di pessima qualità, sostanze che rendono i sapori artificiali e identici in qualsiasi parte del globo, scarsi nutrienti, in particolare vitamine e fibre.

La regola oraziana è In medio stat virtus se, come affermava il filosofo Feuerbach: “Noi Siamo ciò che mangiamo”, dovremmo sforzarci di introdurre prevalentemente cibo sano, dal momento che alimentarsi solo ed esclusivamente con piatti salutari è praticamente impossibile.

Lo strappo alla regola non solo ci rende felici ma allena il nostro metabolismo che si troverà a dover lavorare di più.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che il 20% dei decessi a livello globale è causato dalla cattiva alimentazione. Una dieta sana non solo migliorerebbe le condizioni di vita ma ridurrebbe anche i costi sociali derivanti dal cibo spazzatura .

Il virtuosismo sta nel mettere il consumatore a conoscenza diretta del costo del prodotto e delle sue influenze nocive, esplicitandone i valori nutrizionali non solo nei fast food ma anche nei ristoranti (ad Ottawa è già praticato).

Tra le piaghe del nuovo millennio con incidenze molto pesanti nel welfare di svariati Stati vi è l’obesità che causa ingenti rischi quali diabete, cancro e morti premature (3 milioni l’anno).

Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sostiene che anche nel vecchio Continente con un apposito regolamento europeo, stante la rilevanza della materia, si devono introdurre disposizioni analoghe che obblighino ristoratori e catene di fast food ad indicare preventivamente il numero di calorie consumate all’interno dei propri esercizi.

Nel mondo sono ben 1,46 miliardi di adulti ad avere un IMC pari o maggiore di 25 kg/m2, e tra questi 205 milioni di uomini e 297 milioni di donne sono obese.  L’Indice di Massa Corporea, definito come IMC= peso (kg) / altezza (m)2  è misurato in kg /m² e dipende da età, sesso, fattori genetici, alimentazione, stile di vita, attività fisica, condizioni sanitarie e altro ancora.

La scienza medica adopera varie tabelle per definire il “peso salutare” (valori medi di IMC per gli adulti, in un range tra 18,5 e 25), “sovrappeso” (IMC tra 25 a 30) e “obesità” (IMC>30).

Occhio all’ago della bilancia…

 

Martina PISASALE