Per qualcuno l’amore è fatto di colpi di fulmine, farfalle nello stomaco e tachicardia. Per qualcun altro è la razionalità in continua lotta con la passione, mentre per altri ancora è una questione di probabilità, calcoli e numeri. Di quest’ultima categoria fa senz’altro parte la scrittrice e speaker radiofonica americana Amy Webb che, stufa di relazioni alla Bridget Jones, ha elaborato un algoritmo attraverso il quale trovare un partner perfetto. Dove? Online.

Dopo diverse esperienze disastrose di dating online, nel 2005 la Webb ha creato un algoritmo che sembra davvero funzionare: Amy ha conosciuto in rete Brian (nickname Thevenin, come il teorema delle reti elettriche), si sono sposati e, a 38 anni, vanta una famiglia felice grazie all’arrivo di due meravigliose bambine. Ma torniamo all’esperimento descritto nel libro “Data, A Love Story: How I Gamed Online Dating to Meet My Match” (Come ho sfidato i siti d’amore per trovare la mia metà) pubblicato negli States il 31 gennaio 2013.

Consulente digitale annoverata da Forbes nella classifica delle donne della tecnologia capaci di cambiare il mondo, Amy Webb racconta la propria storia (d’amore) nata grazie ad una sorta di tabella “scoring” con l’aiuto dell’algoritmo da lei creato per assegnare un punteggio secondo le caratteristiche che il partner avrebbe dovuto avere, dividendo i livelli di importanza ed elaborando così una graduatoria. Disperata, dopo l’ennesimo appuntamento andato male, la donna ha creato un elenco di qualità imprescindibili che l’uomo dei sogni avrebbe dovuto avere diviso in tre categorie: cosa salvi dalle relazioni precedenti, cosa ritieni importante e cosa la tua famiglia ritiene importante. Concluso questo primo passaggio è necessario dividere l’elenco in due facendo una graduatoria secondo il criterio adottato dagli algoritmi dei siti di incontri.

L’autrice sostiene di concentrarsi dunque sui soggetti elaborati secondo i propri criteri e poi, come riporta il Corriere.it, aggiunge: «Devi pensare a te stessa come a un prodotto e alle piattaforme online come cataloghi commerciali». Ma come completare la lista? Per la Webb è sufficiente «Scrivere descrizioni brevissime, aspirazionali più che oggettive, usare al massimo cinque foto scelte con cura, non includere passioni che richiedono spiegazioni, bandire l’autoironia, non avere paura di fare la prima mossa e non menzionare il proprio lavoro».

Ad ogni modo, durante il suo approccio quantitativo alla ricerca del partner, l’autrice di “Data, A love story” ha fatto scoperte esilaranti: le donne con i capelli ricci vengono scartate più facilmente, gli avvocati tendono a controllare il cellulare il 67% di volte in più degli insegnanti, quelli che bevono tanto scotch durante gli appuntamenti hanno la tendenza a parlare subito di sesso, mentre chi preferisce gli shot mentirebbe sulle questioni lavorative.

Se poi è vero che la matematica non è un’opinione, rimaniamo comunque perplesse di fronte a cotanta macchinosità per trovare un compagno. È davvero necessario un algoritmo? Non è meglio lasciare tutto al fato con un casuale incontro vis-à-vis? Sarà, ma nell’era della tecnologia tutto fa brodo. E se questo aiuta ad essere felici, allora ben venga.

Giulia DONDONI