Aspettare l’apertura della mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi, a Palazzo Reale, Milano,  dal 22 settembre e fino al 29 gennaio 2011? Manca ancora un giorno ma noi di TheWoman ci siamo volute togliere il lusso di ammirare in anteprima le sue tele, così come vivere  l’esperienza di una mattinata nell’organizzazione della più grande monografia dedicata a LA PITTORE del Seicento.

A dare il benvenuto a noi come ai prossimi visitatori è l’installazione della scenografa Emma Dante, che nella prima sala rievoca in nuce la forza morale della pittrice, quella desunta dal suo prezioso carteggio, anch’esso in mostra, e quella derivata dal famoso episodio dello stupro ad opera di Bernardo Tassi.

Odio per la violenza, voglia di emancipazione femminile, senso di libertà e delizioso fascino per la riproduzione fedele della moda del tempo: sono questi gli elementi essenziali di un percorso affascinante il cui fil rouge è rappresentato dal colore rosso purpureo, quello del sangue steso sul letto, quello del parquet, delle pareti e delle vesti dei suoi personaggi.

Colori sgargianti, là dove la committenza era preziosa; colori bruni, fatti con le sue mani, là dove la fabbricazione dei pigmenti, dell’idea del soggetto, della costruzione del supporto e la vendita del capolavoro erano tutti opera sua.

Una contrattatrice formidabile, una donna che dipinge le donne, le amiche, si autoritrae – e gli specchi della sala centrale ne sono un’evocazione – e insegna a dipingere. Come un uomo e agli uomini.

Perché Artemisia Gentileschi è stata la prima donna a rompere le convenzioni e ad entrare in un’Accademia di Pittura romana, fino ad allora esclusivamente maschile. Perchè Artemisia Gentileschi ha insegnato agli uomini a dipingere.

E così, che abbia inizio il nostro percorso fra Giuditta e Oleoferne fra santi e Maddalene, Bestabee e donne con liuto, Madonne e Cleopatre, Natività e nudi femminili, “i più belli di sempre perchè ritratti da una donna”, ci spiega uno dei curatori, Francesco Solinas.

Opere inedite, per la prima volta esposte e concesse dopo il prestito dei privati e collezionisti di tutto il mondo come dai depositi da cui sono usciti per la prima volta – su tutti, le cinque preziose tele di Palazzo Pitti cui anche noi abbiamo assistito al ritorno alla luce. Opere mai mostrate ad un pubblico milanese, finemente restaurate per l’occasione o messe a confronto in un emozionate “prima” e “dopo” che ci raccontano l’amore di Artemisia per il racconto del Vero, in piena lezione caravaggesca, conciliato sapientemente ad una ricercata Maniera portata all’artificio e al Bello.

Non senza qualche chicca, come la rappresentazione di una suonatrice di liuto, una musica riprodotta nei suoi costumi di scena tanto cari ad Artemisia essendo stata lei stessa musicista; e la scoperta di alcune sue firme autografe come AGRF: avvicinatevi al restaurato San Gennaro di Pozzuoli, la pala d’altare miracolosamente scampata ad un incendio del Duomo partenopeo degli anni ‘60. In basso, sulla destra, ai piedi del leone in proskunesis, vi troverete la scritta Artemidia, Artemisia Gentileschi Romana Fecit.

Insomma, ecco un appuntamento con la storia con una delle donne che ne hanno segnato il percorso di emancipazione, un evento per le donne moderne che odiano gli stereotipi e che lottano per il valore della leadership femminile, nella società civile come nel mondo del lavoro.
Per queste ragioni, la mostra Artemisia Gentileschi di Palazzo Reale ha ricevuto il plauso e il supporto di diverse associazioni femminili in difesa delle donne, dalla Fondazione Belisario a Valore D, da Doppia Difesa a Se Non Ora Quando.

E per sentirsi tutte delle contemporaneee Artemisie, su Facebook e online è nato il blog Artemisia si racconta.

Paola Perfetti
Alessia Casiraghi