Filippo La Mantia, chef siciliano di fama internazionale, dal suo ristorante romano dispensa opinioni, consigli e tendenze gustose quanto le leccornie che lo hanno reso uno dei cuochi italiani più rinomati nel mondo.

Sulla funzione sociale del cibo, i critici gastronomici e gli psicologi hanno speso numerosissime parole. Io credo che il cibo sia in primis nutrimento, fonte primaria di vita, ma non solo. Assume connotazioni diverse a seconda del momento, dell’umore e della persona che lo mangia o che lo cucina.

Può essere, infatti, anche appagamento dei sensi, conseguenza di una bella esperienza. Credo che la gioia del momento possa spingere a cercare nella cucina un’ulteriore gratifica, quasi a completamento o meglio ad esaltazione della felicità provata.

Quando viene mangiato con positività, il cibo fa bene, ma se si mette negatività in quello che si sta per mangiare, allora il discorso assume tutta un’altra connotazione. Molte persone si rifugiano nel cibo per soddisfare bisogni repressi, per appagare ansie e per trovare una consolazione, dopo una brutta esperienza passata. Ecco questo è il modo più scorretto e sbagliato di mangiare.

Il cibo è un progetto positivo e va fatto da gente positiva. Se il cuoco che sta ai fornelli è negativo trasmette malessere e negatività a chi mangia il piatto che ha preparato, perché gli alimenti incamerano le sensazioni e le emozioni di chi cucina.

Deve essere una fonte di gioia. E il bello è che può e deve esserlo a prescindere dal ceto sociale o dal posto in cui lo si mangia. È un momento bellissimo di comunione e condivisione.

 

Filippo La Mantia – chef del ristorante dello storico Hotel Majestic di via Veneto a Roma