Ammetto che sentir parlare di dolci napoletani da una milanese DOC che porta il nome di Brambilla di certo non è rassicurante, ma vi posso garantire che le mie fonti sono napoletane al 100% e dopo aver assaggiato le loro prelibatezze durante il ponte non potevo certo non affrontare l’argomento!

Quando penso ad un Natale napoletano nella mia testa vengono evocate immagini di famiglie numerose attorno ad una tavola, un focolare chiassoso, colorato, divertente, ma soprattutto legato alle tradizioni come solo in Campania sanno farlo.

Ecco che in questa immaginaria cena di Natale si arriva al dolce, e come per magia sulla tavola compaiono colorati e invitanti dolci natalizi, fatti ancora come una volta…

Per primo assaggiamo gli Struffoli, dolce di origine greca che porta nel suo termine il significato di “strozzare”, poiché si presentano in palline super compatte che erano in grado di strozzare. Altri credono invece che il loro nome derivi dal gesto di “strofinare” la pasta prima di formare le palline. Ma comunque li vogliamo chiamare, questi gnocchetti di pasta fritta e poi immersi nel miele e decorati con zuccherini colorati. La tradizione vuole che le palline siano piccoline, in modo da equilibrare il rapporto pasta-miele, e far così felici tutti i familiari!

Altro dolce della tradizione partenopea è il Cardinale, che prende il nome a causa del suo colore rosso dato dalle fragole che ricorda il copricapo degli alti prelati, che in napoletano viene chiamato Scazzetta. Se cercate in rete, molti dei siti dedicati a questa prelibatezza raccontano che la Pasticceria Pantaleone di Salerno, sia il luogo in cui è nata la scazzetta, da distinguere dalla versione sorrentina, che non ha la base di pasta frolla; qui molte pasticcerie preparano una torta di pan di spagna, farcita con crema chantilly alle fragole, ricoperta di zucchero a velo e che viene chiamata “Torta Veneziana”. Da non dimenticare anche la versione al caffè.

Altro dolce assolutamente da provare è il Roccocò, un dolce napoletano prodotto con mandorle, farina, zucchero, canditi e spezie varie. Viene cotto in forno ed ha una forma tondeggiante simile a quella di una ciambella schiacciata della grandezza media di 10 cm. È un biscotto particolarmente duro quindi può essere ammorbidito bagnandolo nel vermouth, nello spumante, nel vino bianco o nel marsala. La sua preparazione più antica risale al 1320 a opera delle monache del Real Convento della Maddalena. Il nome roccocò deriva dal termine francese rocaille per via della forma barocca e tondeggiante simile a una conchiglia arrotondata. Tradizionalmente è il dolce che chiude il pranzo delle famiglie napoletane in occasione dell’8 dicembre (giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione) e che accompagna tutto il periodo delle feste natalizie. Vengono spesso venduti insieme a raffiuoli, mustaccioli e susamielli, altri dolce tipici della tradizione gastronomica natalizia partenopea.

Insomma, forse a questo punto nel 2013 mi devo ripromettere di andare a Napoli per il ponte dell’Immacolata a gustare queste prelibatezze. A voi non è venuta voglia? Si può sempre cercare di farli a casa, ma i canditi non sono quelli giusti, la frittura di certo non è la stessa, io mi chiamo Brambilla e quindi li lascio fare a chi li ha nel DNA!

 

Anna BRAMBILLA – Food Blogger – Food Writer
– www.verzamonamour.com