Sapreste vivere con 100 cose? Vi sembrano poche? Ebbene, negli Stati Uniti sta prendendo piede questa nuova tendenza, in perfetta sintonia con la crisi che ha colpito l’economia mondiale e la voglia, anzi, la necessità, di tornare ad una vita più sobria, più “low profile”, come direbbero oltreoceano.

Il manuale “La sfida delle 100 cose”, scritta da Dave Bruno, americano di San Diego, sta diventando la Bibbia per i minimalisti, quelli che hanno deciso di adottare una nuova “aritmetica della vita”, che si basa sul motto “minima addizione, massima sottrazione”.

Tra le prime cose che si suggerisce di sottrarre ci sono, ovviamente, gli abiti, perciò si aprono gli armadi e si tira fuori tutto ciò che è superfluo, doppio o assolutamente inutile. A quanto pare, questa operazione rappresenta una liberazione e, come catarsi, c’è chi, dopo aver messo mano al suo guardaroba, si offre volontario per svuotare quello degli altri, compresi soffitte, ripostigli, cantine e garage.

Nascono così i personal downsizers, coloro che, oltre ad eliminare, insegnano a cambiare stile di vita, a cominciare dal ripristino di una vecchia e mai del tutto abbandonata usanza negli States, quella dello yard-sale. Ne avrete sicuramente visto qualche esempio in uno dei tanti film americani, a meno che non abbiate avuto la fortuna di assistervi di persona. Si tratta della vendita sul marciapiede di casa degli oggetti di troppo, che venivano messi in bella vista a portata di tutti in occasione di traslochi, matrimoni e funerali. Tutto ciò viene fatto non allo scopo di racimolare un gruzzolo da spendere per comprare qualcosa di nuovo, ma per liberarsi effettivamente di tutto quello che non serve, pensando al risparmio e non allo spreco.

I motivi che spingono verso questa scelta, sono prima di tutto di tipo economico, per abituarsi a vivere entro il proprio reddito e non indebitarsi, ma c’è di più.

Da non sottovalutare la componente psicologica, perché sicuramente liberarsi del superfluo va di pari passo con una liberazione dallo stress. Alleggerirsi delle cose equivale a sgravarsi dai problemi.

Importante, poi, la componente educativa, poiché occorre insegnare, per la prima volta dopo generazioni, a figli e nipoti a ridimensionare, a non avere pretese eccessive, perché i genitori non possono più permettersele.

Se inizialmente questa tendenza era stata accolta positivamente soprattutto dagli ambientalisti, poiché torna in auge la politica del riciclo, ora si può parlare di fenomeno trasversale, adottato da diversi ceti e diversi colori e questo è un segnale che fa capire che una fetta sempre più grande di popolazione si trova nella stessa situazione.

I dati sono preoccupanti, se si pensa a quanti sono costretti a dire addio al benessere e a contare i soldi nel portafoglio, ma può anche rappresentare un ritorno al buonsenso, alla solidarietà e ai valori comuni in questi anni dimenticati in nome del consumismo. Che ne dite, ne abbiamo bisogno anche noi? E, soprattutto, siamo pronti a fare di necessità
virtù?

Vera Moretti