Sui mercati di tutto il mondo sono sempre più spesso presenti cibi che portano l’etichetta di Made in Italy, i quali, di Made in Italy, non hanno assolutamente proprio nulla. La problematica della contraffazione nuoce gravemente non solo all’economia del nostro Paese, ma anche alla cucina italiana.

In primis è un fattore economico e vi spiego anche perché. Avere prodotti con il marchio italiano in qualsiasi parte del mondo ormai è diventata quasi una necessità, per questo ci sono tanti produttori e imprenditori improvvisati che all’estero spacciano per italiano quello che, invece, viene prodotto in loco e poi venduto a peso d’oro. Dal commercio di questi prodotti nasce un business che porta nelle tasche di questi millantatori fior di quattrini, ma che nuoce enormemente alla nostra economia e alla nostra immagine.

La contraffazione deve essere assolutamente combattuta. Ci dovrebbe essere un organo interno al governo italiano che controlli in maniera dettagliata che ciascun prodotto che viene immesso nel mercato con l’etichetta Made in Italy sia veramente coltivato, allevato e fatto in Italia.

Gli chef chiaramente subiscono le conseguenze di tutto questo. Se io cuoco italiano vengo chiamato, per esempio, a fare una cena appunto italiana a Buenos Aires e tra le materie prime che ordino vengono recapitati prodotti contraffatti – e può capitare che mi sfuggano – ne va non solo del mio buon nome, ma anche di quello di tutta la nostra cucina.

La contraffazione deve, dunque, essere eliminata con misure severissime e controlli serrati. La cucina del Belpaese è fatta di territorio, quindi se devo realizzare un piatto piemontese, siciliano o campano, devo avere a disposizione prodotti che vengano rigorosamente da quel territorio. Non ci sono alternative, il prodotto deve essere originale. Oltre al fatto che vengono realizzate in territorio straniero, queste materie prime sono spesso anche molto scadenti, non si conoscono le modalità di produzione né, tanto meno, quelle di confezionamento. In Italia, invece, ciascun prodotto ha un’etichetta in cui viene descritta minuziosamente ogni cosa: filiera di produzione, nascita del prodotto, origine e provenienza. Noi cuochi sappiamo, dunque, con esattezza e precisione ciò che mettiamo in pentola.

Non possiamo andare al buio, dobbiamo controllare con esattezza e precisione quello che mangiamo. Gli chef, me compreso, siamo chiamati deontologicamente a farlo e il governo deve adottare controlli affinché nei nostri piatti arrivi cibo di qualità e perché tuteli una delle eccellenze più importanti del nostro Paese, da cui arriva un significativo giro d’affari.

 

Filippo La Mantia – chef del ristorante dello storico Hotel Majestic di via Veneto a Roma