Simonetta Cesaroni, Yara Gambirasio, Meredith Kertcher, Melania Rea, Sarah Scazzi. Quanti delitti di giovani donne “normali”, donne come noi, sono rimasti impuniti. Era una calda mattina d’estate,  vicina a Ferragosto, quando la vita di Chiara Poggi entra prepotentemente nell’immaginario collettivo. E’ stata uccisa barbaramente in casa sua, e nessuno sa il perché. Nessuno sa chi sia stato. Nemmeno oggi. Chiediamo di fare il punto alla Dott.ssa Roberta Bruzzone.

Il 6 dicembre 2011 la Corte D’Assise D’Appello di Milano ha assolto Alberto Stasi dall’accusa di aver ucciso la sua fidanzata Chiara Poggi per insufficienza di prove. Si tratta dello stesso verdetto pronunciato nel 2009 in primo grado da parte del GUP di Vigevano Dr. Vitelli.

I sospetti si erano concentrati sullo studente bocconiano fin dai primi giorni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto la mattina del 13 agosto 2007 in casa Poggi, a Garlasco.

Alberto era stato l’ultimo a vedere la fidanzata e ad aver avuto contatti con lei: avevano cenato da lei la sera prima, avevano trascorso qualche ora insieme consumando due pizze, poi lui era tornato a dormire a casa sua perche’ l’indomani doveva lavorare sulla tesi di laurea.

Il ragazzo ha sempre sostenuto di aver trascorso la mattinata seguente a scrivere la tesi al computer e di essere giunto a casa di Chiara, scoprendo il delitto, solo intorno alle 13.30. Subito dopo aveva poi chiamato i soccorsi e si era recato presso la vicinissima (pochi metri) stazione dei Carabinieri del paese per segnalare la macabra scoperta: il corpo della fidanzata coperto di sangue riverso in fondo alla scala che porta alla cantinetta.

All’epoca, però, gli inquirenti non gli avevano creduto e lo avevano arrestato, contribuendo così a calargli addosso, decisamente troppo frettolosamente, l’immagine di “mostro della porta accanto”. Le circostanze entro cui maturò la decisione di arrestarlo suscitarono parecchie perplessità dal momento che si trattava di informazioni poi rivelatesi del tutto prive di fondamento.

Il riferimento è alla questione del presunto DNA ematico di Chiara trovato su uno dei pedali della bici sequestrata al giovane. Ma proprio quella bici rappresenta un giallo nel giallo.

La testimone oculare che aveva segnalato la presenza di una  bici intorno alle 9 del mattino di fianco all’ingresso della villetta dei Poggi ha più volte dichiarato infatti che quella vista quella mattina era una bici nera da donna mentre quella sequestrata a Stasi era bordoeuax e da uomo. Ma le indicazioni della donna purtroppo vennero ignorate.

Quando arrivò sulla scrivania della PM Rosa Muscio la relazione preliminare dei RIS di Parma, tanto bastò per far scattare le manette (un po’ troppo frettolosamente…).

Il giovane venne arrestato ma fu trattenuto solo 3 giorni perché venne presto dimostrato che quanto dichiarato dalla relazione firmata dall’ ormai ex Comandante del RIS di Parma (il biologo Garofano) non era corretto.

NON era infatti possibile stabilire la natura ematica del DNA trovato sul pedale. Ossia non c’era garanzia alcuna che si trattasse del sangue della vittima…e, considerata la delicatezza della situazione, non ci pare un dettaglio di poco conto…

Così il GIP NON convalidò il fermo e Stasi venne immediatamente rilasciato.

Si e’ trattato indubbiamente di uno dei momenti più controversi dell’indagine che, almeno sino ad oggi, non èì riuscita ad individuare il responsabile di questo atroce delitto.

Ma l’elenco delle problematiche investigative che hanno flagellato questa vicenda è decisamente molto più ampio, come hanno chiaramente messo in evidenza le 4 Consulenze Tecniche d’ufficio (o perizie) disposte dal GUP in primo grado. Il GUP non si fida delle tracce raccolte durante l’indagine preliminare e nomina i suoi esperti per vederci chiaro su quanto è stato raccolto e sull’affidabilità delle informazioni che popolano l’impianto accusatorio.

Il 28 settembre 2009 viene depositata la prima delle 4 perizie chieste dal giudice Stefano Vitelli.

Si tratta di quella medico-legale, che contiene almeno due elementi chiave a favore di Alberto Stasi.

Il primo elemento riguarda le macchie di sangue presenti sul pavimento della villetta dei Poggi. Secondo i periti, infatti, meno di quaranta minuti dopo il delitto il sangue sul pavimento si era già seccato. Ecco perché Alberto, pur avendo camminato all’interno della casa, potrebbe non essersi sporcato le suole delle scarpe. Inoltre, se anche qualche traccia di sangue fosse stata raccolta dalle suole, si sarebbe verosimilmente dispersa nelle 19 ore successive, ossia nel tempo intercorso prima del sequestro delle scarpe del giovane. In quel lasso di tempo, infatti, Alberto aveva continuato a calzarle camminando un po’ ovunque. Tale risultato concorda con il risultato di un’altra perizia voluta dal giudice, quella chimico-sperimentale, nel corso della quale sono stati svolti esperimenti proprio con le scarpe dell’imputato. Il secondo punto della perizia medico-legale a favore di Stasi si riferisce al materiale biologico di Chiara trovato sul pedale della bicicletta dell’imputato. Secondo i periti del Gup esso non solo non è databile, ma non è nemmeno certo che sia sangue (cosi’ come avevano dimostrato i consulenti della difesa di Stasi all’epoca dell’arresto).

Il 10 ottobre 2009, con la deposizione della perizia informatica, arriva il k.o. definitivo per l’accusa. Si tratta indubbiamente di un colpo durissimo dal momento che, per la prima volta, viene dimostrato che Alberto Stasi la mattina del 13 agosto 2007, per la precisione tra le 9,35 e le 12,20 (ossia mentre Chiara moriva), era rimasto davanti al computer a lavorare alla tesi. I dati per poter affermare ciò erano stati involontariamente cancellati dai carabinieri che per primi avevano preso in custodia l’apparecchio, accendendolo e spegnendolo per un numero imprecisato di volte, inserendo chiavette usb e svuotando il cestino. Ma l’esperto questa volta è riuscito a trovarli in un angolo della memoria del portatile. L’alibi fornito in tutti questi anni dall’imputato è quindi confermato. Infine, per quanto riguarda i video e le foto pedopornografici, la perizia informatica osserva che non è detto che siano stati scaricati volontariamente da Stasi.

Dopo tutta questa serie di accertamenti il risultato del processo di primo grado è ormai scontato: il 17 dicembre 2009 Alberto Stasi viene assolto in base al secondo comma dell’articolo 530 del codice penale per insufficienza di prove. Stesso esito riserverà il processo di secondo grado. Tra breve la Cassazione sara’ chiamata a pronunciarsi sulla vicenda ma sono ormai in pochi a ritenere possibile la riapertura dell’istruttoria.

L’unica certezza ad oggi è la seguente: l’ assassino di Chiara, chiunque esso/a sia, è ancora in libertà. Occorre quindi ricominciare da capo, magari sottoponendo la grande mole di informazioni all’attenzione di “occhi nuovi” e scevri da qualsiasi pregiudizio come impone, soprattutto in casi come questo, la ricerca di Verita’ e Giustizia.

 

Roberta Bruzzone