33 anni, una autentica passione per il giornalismo investigativo e coraggio da vendere: questa era Ilaria Alpi. E proprio questo suo mestiere tanto amato l’ha condotta all’appuntamento con un destino di morte mentre era inviata per il TG3
a Mogadiscio per indagare sul traffico di armi e di rifiuti tossici.

Era il 20 marzo del 1994. Questa è stata la sua ultima inchiesta. Con lei nell’agguato mortale a colpi di kalashnikov ha perso la vita anche il suo collega, Miran Hrovatin.

Tutto comincia con la morte di un membro del SISMI qualche mese prima. Si trattava di una delle fonti di Ilaria Alpi con ogni probabilità anche lui assassinato mentre era in Somalia per lavoro.

La ricostruzione delle traiettorie dei colpi esplosi nel blitz organizzato contro la giornalista italiana ha chiaramente dimostrato come le armi fossero state rivolte volutamente solo contro Ilaria e Miran. Erano esclusivamente loro il target dell’agguato mortale. L’autista e la guardia del corpo vennero dunque risparmiati lucidamente da parte degli aggressori. E la loro morte ha rappresentato con ogni probabilità il tragico prezzo per aver saputo individuare un traffico ignobile di armi
e rifiuti tossici nel paese africano in cambio di tangenti e armi forniti ai gruppi locali di potere.

Sulla morte di Ilaria Alpi è stata istituita anche una commissione parlamentare per fare luce sui troppi aspetti oscuri della vicenda e per tentare di chiarire se davvero vi fossero coinvolti anche rappresentanti delle forze armate italiane e non solo.

Ilaria e Miran verranno ritrovati straziati dai proiettili all’interno del loro fuoristrada. Un destino decisamente maligno ha colto qualche tempo dopo anche gli operatori che all’epoca documentarono le condizioni dei loro corpi sulla scena del crimine, uno trovato ucciso circa un mese dopo la morte di Ilaria in un anonimo hotel di Kabul, l’altro vittima di un rocambolesco (e mai definitivamente chiarito) incidente stradale….davvero strano e beffardo il destino a volte.

Nel 2006, 12 anni dopo la morte di Ilaria e Miran, finalmente arrivarono i risultati dell’inchiesta svolta dalla commissione parlamentare presieduta dal Prof. Carlo Taormina. 2 anni di lavoro raccolti in due relazioni tecniche a dir poco contrastanti.

E, in casi come questi, non è mai un buon segno. Secondo il presidente della commissione la morte di Ilaria e Miran era da ricondurre ad un tentativo di rapimento poi degenerato in omicidio. Tale chiave interpretativa escludeva quindi la pista
del traffico d’armi e di rifiuti tossici. Ma questa interpretazione non venne accolta pienamente. Anzi. Arrivarono ben presto le accuse di falso da parte di altri membri del Parlamento e scoppiò la polemica.

La commissione sul caso Alpi procedette poi ad una serie di ulteriori accertamenti per vagliare con maggior energia la pista
dell’omicidio su commissione per ridurre al silenzio due testimoni scomodi. Vennero disposte una serie di perquisizioni. Vennero intercettate diverse utenze telefoniche e telematiche. Tuttavia non emerse nulla di determinante.

Ma l’attenzione mediatica ed istituzionale sul caso Alpi non si è mai sopita e forse proprio oggi, 18 anni dopo l’agguato nelle strade di Mogadiscio, potrebbe affacciarsi la reale possibilità di svelare finalmente il mistero sulle circostanze che hanno portato alla morte della reporter e del suo operatore

A ravvivare la speranza di ottenere finalmente chiarezza sul caso arriva un documento inedito che racconta una storia che nulla ha da invidiare ad uno spy movie.

In questo documento, dattiloscritto su un modulo in uso alle forze armate, datato 14 marzo 1994 (6 giorni prima dell’agguato) sembra che venga fatto esplicito riferimento ad Ilaria e a Miran. La frase “incriminata” sarebbe proprio: “presenze anomale a Bosaso”… e il 14 marzo Ilaria e Miran erano appena arrivati nella città di Bosaso, situata nella zona nord della Somalia. Davvero solo una coincidenza? Ad oggi sembrerebbe proprio di no.

Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi