Tante le novità nell’esecutivo del governo Letta: fanno capolino sette ministri in rosa, l’età media scende a 53 anni rispetto al precedente del governo Monti (che era di 64 anni). Il “nuovo” riguarda anche la scelta di ministre in gonnella anche se al giuramento molte di loro hanno preferito una mise mascolina con tailleur pantalone.

Tra le neo ministre, Enrico Letta ha voluto inserire nella propria squadra Cécile Kyenge. Il ministro che fa parte del Partito democratico e che viene da più lontano è senza dubbio lei. Cécile infatti è nata il 28 agosto 1964 a Kambove, nel Congo, e ora è cittadina italiana.

La sua è una storia appassionante: dopo aver studiato medicina all’Università di Kinshasa, si è trasferita in Italia dove si è laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Poi, la specializzazione in oculistica a Modena, dove esercita la professione.

Nel 2002 fonda l’associazione interculturale DAWA che in lingua swaili significa magia, medicina e benessere che si occupa di diffondere la tolleranza tra le culture e promuove la cooperazione tra Italia e Africa. Nel 2004 viene eletta per i Democratici di Sinistra in una circoscrizione del comune di Modena, e la sua carriera politica prosegue anche gli anni a venire entrando a far parte della commissione Welfare e politiche sociali per il Partito Democratico. Il 28 aprile diventa ministro dell’Integrazione della Repubblica Italiana.

Il suo esordio al Governo, però, non è stato dei più rosei. Il neo ministro, infatti, è stato preso di mira da alcuni esponenti leghisti e da individui che le hanno rivolto alcune  dichiarazioni francamente poco felici a causa delle sue origini congolesi e per le sue posizioni sulla situazione dei clandestini in Italia.

Per la Kyenge, infatti, il reato di immigrazione dovrebbe essere abrogato. La ministra, poi, ha espresso la sua volontà di proporre presto un disegno di legge sullo ius ioli ovvero il diritto di accedere alla cittadinanza italiana per tutti i cittadini nati nel nostro Paese.

Non resta che augurare buon lavoro al primo ministro di colore della Repubblica Italiana, sperando che in futuro questo dettaglio dermatologico possa essere del tutto indifferente alle cronache.

Martina ZANGHI’

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