Un delitto da “Arancia Meccanica” per cui il giovane era stato condannato a 30 anni di reclusione, dei quali 22 scontati effettivamente per via dell’indulto e di 1.800 giorni di liberazione anticipata. Maso, infatti, da lunedì 15 aprile sarà libero e, come dice il magistrato, sarà “un cittadino come tutti gli altri e così dovrà essere considerato“.

Uscirà definitivamente dalla casa di reclusione di Opera per cercare, almeno questa è la speranza, “di ricostruirsi una vita e riacquistare un po’ di serenità” a fianco della moglie Stefania, sposata nel 2008 dopo aver ottenuto, non senza una pioggia di critiche e proteste, la semi libertà e un lavoro.

Mi stupisco che ci siano ancora polemiche quando un condannato per un fatto comunque atroce – è il parere di Roberta Cossia – ha scontato la sua pena e torna in libertà. Il motivo per il quale ciò suscita un certo fastidio sta nell’istinto vendicativo, umano, per cui non viene tollerato che ci sia un fine pena”. La ragione, ritiene il giudice, è che in molti “c’è ancora un’idea sotterranea vendicativa, dell’occhio per occhio, di restituzione dello stesso male che uno ha fatto, come se lo Stato si dovesse porre sullo stesso piano”.

Credo che il pensiero sia questo – prosegue – e pertanto non esiste alcuna fiducia nella possibilità di reinserire coloro che hanno commesso delitti gravi e nemmeno una comprensione del significato di reinserimento in seguito a un percorso effettuato durante la detenzione con le misure alternative”. In più, a dire del magistrato di Sorveglianza, in generale, “le polemiche rischiano di alimentare il narcisismo di queste persone portandole a stare sulla ribalta per quello che hanno fatto, per il male che hanno commesso, invece di rientrare nella normalità, nell’anonimato come tutti. Insomma – continua – tutto si dovrebbe fare tranne che sbandierare la storia negativa di queste persone che, invece, hanno bisogno di essere proiettate in un progetto futuro“.

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