Sono passati quasi vent’anni. Quasi vent’anni da quando François Demachy, Parfumeur-Createur Dior, emozionò il mondo creando J’Adore, una fragranza decisa e sensuale. Un’attesa carica di aspettative e curiosità, ha preceduto il lancio della nuova fragranza firmata Dior, che sembra realizzare il più grande sogno di Monsieur, “rendere le donne non solo più belle, ma anche più felici“. Con Joy by Dior, François Demachy è riuscito nel poco facile compito di tradurre in profumo e imbottigliare in un flacone prezioso un sentimento delicato, spontaneo e immediato come la gioia. La gioia che si prova in una carezza improvvisa, in un sorriso a fior di labbra, davanti ad un’alba rosa che sfuma verso l’azzurro sereno di un cielo alto e senza nuvole. Il risultato, frutto di un lavoro puntuale e meticoloso, è una fragranza luminosa, immediata, semplice ed estremamente emozionante, che veste una donna lontana da ogni affettazione e sofisticazione. Bella di una bellezza naturale, così come Jennifer Lawrence, testimonial della campagna pubblicitaria, che ne rappresenta appieno la più intima essenza.

Come ha convogliato la storia delle fragranze Dior in Joy by Dior?
In realtà, ho cercato di capire cosa avrebbe potuto completare e integrare il catalogo Dior. Ho visto che i muschi erano sottorappresentati e mi sono poi rifatto all’heritage delle fragranze Dior da sempre caratterizzato dalla presenza dei fiori.

Se volesse paragonare Joy by Dior ad un momento della giornata, quale sarebbe?
Sarebbe il mattino. Perché il mattino che nasce ha quel particolare e difficilmente descrivibile a parole tipo di luce… Ecco, quando ho creato Joy by Dior, pensavo proprio ad una fragranza che fosse un’esplosione di luce.

Quale donna incarna in pieno l’essenza di Joy by Dior?
Jennifer Lawrence rappresenta in pieno la fragranza. La sua immagine si è imposta da subito proprio per la sua spontaneità, la sua lontananza da ogni raffinatezza e sofisticazione. Come volevo fosse questa fragranza. Subito percettibile, non ragionata, ma immediata, aperta e piena di luce. Allo stesso modo, penso Joy by Dior possa incarnare l’essenza di una donna naturale, pura, chiara. Ma al di là di ogni definizione ed etichetta, bisogna ricordare che innanzitutto il profumo è un liquido. Sono le donne, con la loro pelle, che gli danno vita, altrimenti rimane lì sullo scaffale, come un qualsiasi oggetto inanimato. Quando una donna lo indossa prende anima.

Come è riuscito a rendere in note olfattive questa spontaneità?
Lavorando molto sulla scia. In generale, per me, un profumo deve essere molto semplice e suscitare un’emozione, un desiderio immediato. Non deve essere pensato e ragionato. Per questo non ho lavorato sulla classica composizione testa, cuore, fondo. Perché fosse aperto.

Quando si è reso conto di avere finalmente portato a compimento il suo lavoro. Che Joy by Dior era venuto alla luce?
Questo è uno dei miei problemi. Faccio una fatica incredibile. Per me è molto difficile mettere un punto alla creazione, dichiarare concluso un lavoro. Rimango sempre lì, ci giro intorno. Tendo sempre a volere modificare e a correggere, come faceva Pierre Bonnard, uno dei miei pittori preferiti che quando esponeva le sue opere in una galleria, tornava ogni notte con i pennelli per correggere e ricorreggere. Per fortuna, ci sono delle persone che mi trattengono, che mi aiutano a mettere un punto. È un processo senza fine. È come se avessi la sensazione di essere quasi arrivato a compimento e invece continuo a girarci intorno. È un difetto, me ne rendo conto.

Se dovesse descrivere Joy By Dior attraverso la piramide olfattiva, cosa direbbe?
Le parole sono sempre riduttive, per tutto, non soltanto per il mondo dei profumi. Tuttavia, per semplificare le cose, lo potrei definire fruttato, fiorito, legnoso e muschiato.

Qual è un suo ricordo personale legato alla gioia e quale il legame di Joy by Dior con questo sentimento?
L’idea di gioia è una cosa relativamente personale. Sentire il gelsomino al momento della raccolta, come peraltro è in questo momento, infonde un sentimento di gioia. Gli odori rappresentano qualcosa di estremamente astratto ma possono essere molto presenti e concreti, richiamare, ricordare, rievocare. Devo ammettere che creare questo profumo è stata per me un’esperienza estremamente gradevole. Abbiamo fatto molti tentativi prima di raggiungere questo risultato, e alla fine è stato il test N. 10 ad avere successo. Questo per sottolineare ancora una volta che è tutto molto soggettivo. Non bisogna riflettere troppo, perché ci si perde.

C’è una nota a cui è particolarmente legato, che le ricorda qualcosa di bello e che è presente in Joy by Dior?
Si impara sempre. Si sentono sempre gli odori, anche quelli che uno magari pensa di conoscere bene, deve sempre risentirli perché la memoria va alla deriva. Il pericolo di questo mestiere è credere di sapere. E invece no. Gli odori vanno sentiti e risentiti. Anche quelli che si pensa di conoscere bene, perché la memoria va facilmente alla deriva. Quando si sentono di nuovo si impara ad analizzarli e a non giudicarli come gradevoli o sgradevoli. Il giudizio è soggettivo, legato alla cultura e alla religione. Bisogna, invece, cercare di travalicare, di fare un passo in là, perché se no ci si limita. È innegabile, tuttavia, che ci sono degli odori con cui ho maggiore affinità. Ecco, il patchouli se dovessi citarne uno. In ogni mio profumo c’è un tocco di patchouli, così come in Joy by Dior, dove ce n’è un piccolissimo tocco.

Pinella PETRONIO