Le famiglie numerose danno allegria, viste dal di fuori sembrano quelle dei film anni Sessanta, dove mamma e papà si amavano sempre alla follia e riuscivano a trovare una parola, un abbraccio ed un consiglio per ognuno dei tanti figli.

Ora certe immagini sono sempre più rare e, al contrario, proliferano nuclei familiari in cui c’è solo un figlio, al massimo due, e se si arriva a tre i genitori vengono definiti dei veri e propri temerari.

Ma le famiglie con il figlio unico possono dirsi fortunate perché, almeno, soni sicure di non avere problemi di preferenze e discriminazioni tra primogenito, secondogenito, e così via.

Sembra, infatti, che tutti i genitori con più di un figlio abbiano una preferenza, conclamata o no, per uno di loro, e che, anche quando è inconfessata, sia ben visibile tra i figli, tanto da creare rivalità e astio tra il “cocco” di mamma e papà e quello considerato in secondo piano.

A confermare questo mood c’è una riceca iniziata nel 1989 dalla sociologa Katherine Conger dell’Università della California, e condotto su un campione di 384 coppie di fratelli adolescenti, divisi da non più di 4 anni di differenza, e sui rispettivi genitori, seguiti per tre anni, con due incontri annuali.
Ebbene, i genitori hanno ammesso, nella percentuale del 70% per i padri e del 74% delle madri, di avere un trattamento preferenziale per uno dei propri figli, senza però specificare quale.

A questo proposito, sembra che le maggiori attenzioni siano rivolte al primogenito, sul quale si riversano amore ed aspettative, senza contare che è con lui che si scopre la magia della maternità e della paternità. Ma, si è sempre detto, spesso questa può rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché troppe attenzioni rischiano di tarpare le ali, mentre i figli che arrivano dopo si sentono più liberi, sia di sbagliare, sia di fare scelte più personali, senza il peso delle attese di mamma e papà.

Se questo è un dato di fatto, è anche vero che la seconda gravidanza, il secondo parto, e la seconda manche di notti in bianco sono vissuti senza eccessiva ansia ma con una consapevolezza che prima non c’era e che, invece, vale la pena di essere provata.

Ma, dove la disparità è visibile, come la vivono i diretti interessati? A quanto pare, non troppo bene, perché tutto questo vantaggio nell’essere i secondogeniti, fuori dal mirino dei genitori, non viene propriamente colto. In fondo, ammettiamolo, tutti noi cercavamo le attenzioni di mamma e papà, da bambini non ce ne facevamo molto della libertà. E così accade anche ora.

E allora, ciò che sostiene Silvia Vegetti Finzi, ovvero che sapere con certezza di non essere trattati tutti nello stesso modo dovrebbe aiutare ad avere una più corretta percezione di sé, non è così vero o, almeno, non serve a smussare la delusione e la frustrazione che assale i figli quando si rendono conto di non essere i prediletti.
Se è vero che ognuno merita un trattamento personalizzato, e non potrebbe essere che così, considerando che ogni figlio ha una sua personalità ben definita e ben diversa, tutti i figli, sotto sotto, vorrebbero essere trattati da preferiti e non da coprotagonisti.

Ciò che questo studio, infatti, ha dimostrato, è che chi non viene privilegiato dai genitori ha un’autostima piuttosto bassa e prova nei confronti del fratello, o sorella, un astio e una rivalità che a volte fanno da ostacolo all’affetto e alla complicità che dovrebbero esserci in famiglia.
Lo ha confermato la dottoressa Conger, che ha anche aggiunto: “Le conclusioni alle quali siamo giunti con la nostra ricerca sono state piuttosto sorprendenti perché, fermo restando che ognuno è convinto che il fratello o la sorella goda di un trattamento migliore da parte dei genitori e si senta, di conseguenza, il figlio non prediletto, l’ipotesi di partenza era che sarebbero stati i primogeniti quelli maggiormente colpiti dalla percezione di questa disparità, proprio a causa della loro condizione di figli maggiori e, quindi, con maggiori responsabilità e aspettative da parte dei genitori e, invece, non è stato così”.

Noi di Bellaweb pensiamo, però, che sia normale trattare i figli in maniera diversa, ma non a causa delle preferenze, piuttosto perché ogni figlio è diverso, ha una sua personalità ben definita e, quindi, ha bisogno di direttive e di atteggiamenti differenti da parte dei propri genitori. E questo non ha nulla a che vedere con l’affetto, ma, piuttosto, con la sensibilità e l’empatia, fondamentali quando si vive in una famiglia numerosa, dove ognuno ha esigenze, pensieri e attitudini diverse.

Vera MORETTI