La terza serata del Festival di Sanremo l’ha fatta Ornella Vanoni. Brillantissima e divertente in uno sketch con la Raffaele con cui si è lanciata nella parodia di se stessa, si è presentata sul palcoscenico dell’Ariston sfoggiando lo stesso abito che aveva indossato lo scorso anno in nuance diverse di serata in serata. Ma al contrario di quello che è accaduto con gli smoking di Paola Turci e di quella persistente sensazione di déjà-vu, Ornella lo ha fatto con un’ironia disarmante – anzi dissacrante – che ci ha conquistato immediatamente.

Look della terza serata: le donne

Vanoni a parte, a super sorpresa, vince il premio di meglio vestita della terza serata del Festival di Sanremo, Anna Tatangelo, che ci ha conquistati con un mini dress monospalla di Saint Laurent, che non lesinava su paillettes e animalier. Arriva poi per la prima volta sul palco dell’Ariston l’haute couture di Giambattista Valli che ha vestito Virginia Raffaele con due abiti: il primo lungo, bianco immacolato, con lungo foulard al collo e profonda scollatura, che tanto faceva pensare ad una vestale dell’antica Roma. Il secondo corto e smanicato, bordato di strass, con fiori neri e rosa a contrasto applicati, che ci ha convinto forse più del primo.

E se Patty Pravo insiste e persiste nel look vedo-nonvedo-venite-a-sbirciare-sotto-la-giacca, Alessandra Amoroso si improvvisa gallo cedrone, sfoggiando un trionfo di piume nere sulle maniche. Elegante, sofisticata e molto appassionata nell’interpretazione di Mia Martini, invece, Serena Rossi ha indossato un abito di Blumarine, senza spalline e con profondo spacco, impreziosito da ricami e cristalli.

Look della terza serata: gli uomini

Un velo pietoso vorremmo invece stendere sugli uomini, anche per questa terza serata. E dire che per loro dovrebbe essere più semplice, che il mondo, ma l’Italia soprattutto abbonda e straborda, di designer autori di impeccabili ed elegantissimi abiti sartoriali. E invece no. Un trionfo di tute con le righe sui lati, come se usciti dalla palestra si fossero resi conto di avere dimenticato il borsone con il cambio a casa. Un tripudio di giacche di pelle, T-shirt sbrindellate e jeans strappati, collane, catene, anelli e improbabili abiti bianchi e neri (legge alla voce Fabio Rovazzi) che ricordano la divisa del cameriere di un ristorante retrò.

In mezzo a questa Torre di Babele del gusto, spicca solo Motta, che riesce nell’arduo compito di essere elegante senza sembrare imbalsamato, con un tocco di anticonformismo, sfoggiando un abito Gucci, da cui sbuca una camicia dal sapore Anni ’70 con stampa geometrica, aperta quel tanto che basta per non sembrare un pinguino, ma nemmeno un tronista di Uomini e Donne decaduto.

 

Pinella PETRONIO

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