Yuccies? Ma chi sarebbero? Partiamo dalla parola stessa, si tratterebbe di un neologismo che unisce le parole Yuppies + Hipsters che significa Young Urban Creatives. La mente creativa (o meglio yuccie, appunto) che ha partorito questa idea è di un 26enne, David Infante, autore di un articolo su Mashable.com che sta facendo molto chiacchierare.

Il ragazzo, stufo di essere superficialmente definito hipster ha esplorato ciò che gli sta intorno e ha cercato di dare un’identità alla sua situazione lavorativa, sociale, personale. Gli Young Urban Creatives sono ‘creature quasi mitiche’ che vivono nelle aree metropolitane di New York o San Francisco e sono “contagiati dalla convinzione che non solo ci meritiamo di perseguire i nostri sogni; dobbiamo trarre profitto da loro”. Ma che lavoro fanno? Infante è più che mai specifico nella sua descrizione: Social Consultants coordinating, brogrammer (qui la definizione di Urban dictionary per avere un’idea dello scenario) imprenditori di boutique di nicchia, insomma per capirci meglio, tutti coloro i quali hanno fatto fruttare i propri talenti rendendo la propria passione un lavoro (proprio una cosa innovativa!)

Infante dice: “More money is good, but more creative money is better”, non serve tradurre, si capisce no? Gli Yuccies vogliono essere pagati per le proprie idee senza che nessuno le faccia al posto loro. Gli YUC rinunciano ad un 9to5 work per aprire una fabbrica artigianale di vodka organica o una maglieria che produce calze colorate “Questa è, anche se relativamente, una nuova libertà”.

Le idee di questo ragazzo non sono innovative di per sé, ma è nuova l’idea di identità e di identificazione, a prescindere dall’estetica del risvoltino o dei baffi (molto hipster). Alla fine non è un brutto orizzonte quello di essere yuccies se significa guadagnare grazie alle proprie qualità. Non molto tempo fa ‘i giovani’ sono stati definiti bamboccioni, choosy, sfigati quindi adesso yuccies in fin dei conti non è male per niente. Glielo dite voi a Renzi?

Martina ZANGHI’