La sindrome del burnout ha maggiore probabilità di svilupparsi dove il gap tra lavoro e indole personale è più ampio.
Molti contesti lavorativi richiedono  dedizione ed  impegno, sia in termini economici sia in termini psicologici e, in certi casi, i valori personali sono messi in secondo piano a scapito di quelli lavorativi. Le richieste quotidiane rivendicate dal lavoro, dalla famiglia e da tutto il resto consumano l’energia e l’entusiasmo del lavoratore.
Quando poi successo,  ed obiettivi sono difficili da raggiungere, molte persone perdono la dedizione.

  • Un deterioramento  dell’impegno nei confronti del lavoro. Un lavoro inizialmente importante, ricco di prospettive ed affascinante diventa sgradevole, insoddisfacente e demotivante.
  • Poca spinta emozionale:   l’entusiasmo, la motivazione e il piacere svaniscono per essere sostituiti dalla rabbia, dall’ansia, dalla depressione.
  • Scarso  adattamento tra la persona e il lavoro. I singoli individui percepiscono questo squilibrio come una crisi personale, mentre in realtà è il posto di lavoro a presentare problemi.

Le cause specifiche di questa che a tutti gli effetti può essere definita come sindrome sono: il sovraccarico di lavoro, poche gratificazioni, o comunque insufficienti, assenza di equità e scarsa remunerazione.

Riconoscere la sindrome del burnout non è così facile, spesso si tende a ricondurre il tutto come un problema dell’individuo e non del contesto lavorativo nel suo insieme.

Invece la  risoluzione del fenomeno burnout dovrebbe essere affrontata sia a livello organizzativo che a livello individuale, l’organizzazione che si assume la responsabilità di affrontare il burnout, lo può gestire in modo garantirsi il proprio personale al massimo dell’efficienza, nel tempo.

Certamente l’aiuto di un professionista è la migliore cura per questa sindrome anche se non sempre è facilmente attuabile e per motivi economici e per motivi personali.

La migliore azione, quindi, è cercare di evitare il burnout: prevenire.

 

 

Puntare sulla promozione dell’impegno nel lavoro che non consiste semplicemente nel ridurre gli aspetti negativi ma soprattutto nel tentare di aumentare quelli positivi.

Ci sono azioni possibili a livello individuale, come ad esempio porsi degli obiettivi realistici,variare la routine, fare delle pause,favorire il benessere psicologico e bilanciare frustrazione e gratificazione, solo per citarne alcuni.

A livello di organizzazione è importante favorire rafforzamento della relazione con amici e familiari allo scopo di compensare i sentimenti di fallimento e frustrazione legati alla vita lavorativa,volontariato etc.

A livello istituzionale è importante organizzare incontri con il personale dei diversi livelli per fluidificare i rapporti e risolvere le conflittualità, promuovere il confronto tra le aspettative delle vittime e gli obiettivi del servizio, per evitare equivoci.

In sintesi per prevenire il burnout occorre un impegno condiviso dal singolo dipendente, dall’organizzazione e anche dalle istituzioni e se tutto ciò non dovesse bastare occorre spazzare via  i pregiudizi e rivolgersi ad un professionista.

Silvia GALLI

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