Il periodo di festa ed allegria contraddistinto in tutta Italia per non dire in tutto il mondo da feste in maschera e parate con carri allegorici,si rispecchia a tavola con tradizioni gastronomiche diverse a seconda delle regioni, ma con un unico denominatore comune: la presenza massiccia di dolci.E quando parliamo di dolci di Carnevale dobbiamo tassativamente dimenticarci i concetti di light, salutare, ricco di vitamine o macrobiotico, quando si parla di dolci di Carnevale, ovunque vi troviate, si tratta di fritti.

Incontrastate dominatrici della settimana di Carnevale, ma a dir la verità fanno bella mostra in pasticcerie e panetterie praticamente la settimana che segue l’Epifania,  sono le chiacchiere, che cambiano nome a seconda della latitudine diventando ora bugie, ora frappe, piuttosto che cenci o galani, ma che altro non sono  che  strisce di pasta fritta o nella migliore e, a dir la verità più triste delle ipotesi,  cotta al forno e spolverata di zucchero a velo.

In centro Italia, soprattutto in Abruzzo e Molise  si usa preparare la cicerchiata un dolce di palline di pasta fritta amalgamate al miele, mentre a Napoli si preparano gli struffoli, molto simili alla cicerchiata ma guarniti dai coloratissimi zuccherini colorati detti “cannulilli”. Sulle tavole poi non possono mancare le frittelle, solitamente ripiene di mele ma anche di marmellata, crema pasticcera o al cioccolato, le ciambelle fritte, krapfen,  spolverate di zucchero a velo. Un dolce che in realtà è nato in occasione della festa di San Giuseppe, ma che spesso si gusta già per Carnevale è la zeppola, una pasta fritta in abbondante olio ripiena di crema pasticcera e decorata con un’amarena sciroppata. Non importa dunque in che parte d’Italia ci si trovi tanto non c’è che l’imbarazzo della scelta per i peccati di gola e visto che lo dicevano già gli antichi romani che “semel in anno licet insanire” (una volta l’anno è lecito impazzire), togliamoci la voglia e dopo esserci mascherati come quando eravamo bambini gustiamoci queste tradizionali prelibatezze.

Silvia GALLI

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