Non sappiamo trovare una soluzione alla violenza, dunque anche quella implacabile contro il genere femminile, ma l’arte ci stimola alla riflessione e dunque al miglioramento. Lo stimolo ce lo regala Renata Rampazzi con Cruor – sangue sparso di donne una mostra ospitata dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia dal 6 aprile al 17 giugno 2018.

L’esposizione, accompagnata da uno scritto inedito di Dacia Maraini e da un testo critico di Claudio Strinati, presenta una grande installazione dell’artista, vera testimone del tempo nel quale vive.

“Molte delle mie opere – ricorda Renata Rampazzi – portavano tracce del mio turbamento di fronte a quelle manifestazioni esistenziali di sopraffazione maschile. Era un grido personale, un disagio che ruotava attorno al sesso, alla metafora della ferita, che rimandava ad azioni e comportamenti ancora generalmente tenuti nascosti, taciuti, e che oggi per diffusione, per violenza e ostentazione, ormai non sono solo un fenomeno sociale che inquina le società occidentali ma che sotto forme diverse reclama una denuncia, una rivolta, un rifiuto di complicità e sudditanza in tutte le espressioni individuali e collettive della cultura, del potere e della vita sociale”.

Cruor è un’esposizione site specific, appositamente pensata per la Sala Borges dell’Isola di San Giorgio Maggiore, una volontà di unire il passato al presente. Un presente in cui le tele vengono sostituite da garze che si rifanno ai bendaggi per curare le ferite, le piaghe, i segni delle deturpazioni e in cui i pigmenti e gli spessori di colore che ruotano attorno alle gradazioni del rosso, e contengono anche tracce di sangue, rimandano alla tragica realtà delle lacerazioni, mutilazioni, offese e sofferenze delle vittime.

Il percorso espositivo parte dalle opere storiche, realizzate dall’artista torinese negli anni ‘70/’80 per arrivare all’installazione realizzata per l’occasione, che non vuole essere un semplice momento di contemplazione, ed è costituita da un labirinto di teli e garze che dal soffitto arriveranno fino al pavimento rosso cupo. L’opera avvolgerà fisicamente ed emotivamente il visitatore in modo da provocarne un suo coinvolgimento non solo estetico ma soprattutto emotivo e civile.

MaZ