Parlando di social media, quante volte ci siamo interrogati di come abbiano cambiato e per tanti versi peggiorato la nostra vita?

Per gli abbonati di Netflix da qualche giorno è in programma un documentario interessante che riguarda proprio la vita in tempo di social, The social Dilemma.

Nel nuovo documentario, un gruppo di esperti di tecnologia si riunisce per discutere del di sorveglianza, della scienza alla base della dipendenza dalla tecnologia e degli effetti dannosi dei social media (specialmente tra i bambini e adolescenti).

Secondo il film, quello che era iniziato come un modo per rimanere in contatto con gli amici si è trasformato in uno strumento di manipolazione e la maggior parte degli utenti addirittura non ne è consapevole.

Tristan Harris, co-fondatore del Center for Humane Technology, spiega: “I social media non sono uno strumento che aspetta solo di essere utilizzato. Ha i suoi obiettivi e ha i suoi mezzi per perseguirli”.

Secondo il documentario, a causa dei social media, l’autolesionismo è triplicato “Questi prodotti tecnologici non sono stati progettati da psicologi infantili che stanno cercando di proteggere e nutrire i bambini. Sono stati progettati solo per creare questi algoritmi che erano davvero bravi a consigliarti il ​​prossimo video o davvero bravi a convincerti a fare un foto con un filtro. ”

Un fatto che tutti noi sappiamo, ma di cui non ci rendiamo conto fino in fondo e che emerge dal documentario  è che la privacy dei dati non esiste.

Le ricerche di Google, le interazioni sui social media e persino le modalità di scorrimento vengono tracciati e utilizzati per manipolare i consumatori.

E’ abbastanza chiaro, secondo gli autori, che queste piattaforme siano state costruite per rendere i bambini dipendenti dai social.

Tim Kendall, ex presidente di Pinterest, intervistato nel documentario, aggiunge: “Cerchiamo di capire come ottenere quanta più attenzione possibile da una persona. Quanto tempo possiamo farti spendere sul social? Quanto della tua vita possiamo convincerti a dedicare a noi?” È certamente molto a cui pensare.

Che cosa possiamo fare per proteggere i nostri ragazzi? Certamente non alienarli o rendere proibito l’accesso ai social, ma piuttosto guidarli nell’uso e renderli attenti a ciò che fanno.

Silvia GALLI