L’ha detto in maniera superba sui propri canali social Enrico Mentana, giornalista e direttore di Open: ad aver seguito l’intervista da Ophrah, la docuserie su Netflix e dopo le anticipazioni sulla biografia del principe Harry non si può che provare empatia per chi abita Buckingham Palace!

Come dargli torto? Se il motto della famiglia è sempre stato “Never complain, never explain”   (Mai lamentarsi, mai spiegare) al rampollo e alla di lui moglie qualcosa deve essere sfuggito…

Il secondogenito del re, ha dichiarato il giornalista e amico di Carlo III Jonathan Dimbleby, è un uomo traumatizzato e problematico.

“Nel libro di Harry ci sono ovviamente rivelazioni su come il principe abbia perso la verginità, assunto droghe o quante persone abbia potuto abbattere dal suo Apache. Ma questo è il tipo di rivelazioni che ti aspetteresti, suppongo, da una celebrità di serie B”. Ha riservato attacchi praticamente ad ogni membro della famiglia, non ultimo alla regina consorte Camilla. Definita “l’altra donna di mio padre cattiva e pericolosa”, non esita a dire che che era pronta a scambiare informazioni con la stampa, dando spazio a maldicenze e pettegolezzi sin dal 1995.

Inoltre in un’intervista di poche ore fa il duca di Sussex è tornato ad accusare i paparazzi per la morte dell’amata madre, la principessa Diana.

Quello che emerge dunque è un uomo distrutto, un uomo che come era capitato a sua madre, probabilmente non era adatto a stare a palazzo, un uomo che poteva, in effetti allontanarsi da un posto che lo faceva stare male, ma poteva farlo con discrezione.

Poteva farlo con la classe che ci si aspetta da un uomo di tal rango, educato sin dalla nascita per essere un principe.

“Nessuna intenzione di ferire la famiglia reale. Nulla di quello che ho scritto voleva in alcun modo danneggiarli. Dopo 38 anni in cui ho visto la mia storia raccontata da così tante persone con distorsioni e manipolazioni intenzionali, sembrava il momento giusto per rivendicare la mia storia e raccontarla io stesso”. Queste le parole del principe, parole alle quali si fa un po’ di fatica a credere.

Silvia GALLI