Due attori bellissimi e una storia vecchia come il mondo: lui, lei e una malattia incurabile.

La presentazione sembra la copia moderna di Love Story, ma le risate sono assicurate e il lieto fine è assolutamente d’obbligo.
Ad essere sinceri il titolo americano “Love and other drugs” è molto più appropriato, dato il contesto di pasticche e similari, ma ci si accontenta anche della malandata traduzione italica.

Jake Gylleenhall (Jamie) è un informatore farmaceutico della Pfizer con un talento naturale per le vendite e il fascino del Don Giovanni con gli occhi da labrador.
Anne Hathaway (Maggie) è una fotografa per diletto che si difende dalle relazioni stabili per paura di rimanere invischiata in qualcosa di troppo bello, essendo affetta da un Parkinson giovanile piuttosto debilitante.
L’incontro tra i due è scoppiettante e ricco di occhiate maliziose, ma il bell’informatore si finge uno specializzando e rompe la magia della verità.
Facendo gli occhi dolci alla segretaria dello studio medico nel quale Maggie è in cura, però, Jamie riesce ad ottenere il suo numero, in barba a qualunque rispetto della privacy.

E’ a questo punto che la storia decolla, tra scene di sesso travolgenti e piccoli sprazzi di quotidianità desiderata e temuta.
Un alone di americanità galleggia nell’aria di fine anni 90, quando il Viagra sbarca sul mercato con uso e abuso di gran parte della popolazione.
Scene romantiche si susseguono ad amplessi fragorosi e gustosi persino per lo spettatore, il quale sa che quella è solo l’anticamera di una relazione d’amore canonicissima, anche se i personaggi cercano di convincersi l’un l’altra del contrario.
E i “ti amo” sembrano quelli dei bambini, poichè esplodono in un contesto assurdo, tra le risate e le lacrime di due trentenni emotivamente poco maturi.

La malattia tentenna un po’, anche se la Hathaway recita dolce e impeccabile un ruolo terribilmente difficile, ma diventa subito più credibile quando Maggie partecipa per puro caso ad un congresso riservato agli affetti dal morbo di Parkinson.
Scene toccanti, sapientemente dosate tra risate e qualche lacrimuccia, offrono lo spunto ideale per una riflessione piuttosto profonda sul senso della vita.

Romanticismo semplice quindi, una notte passata in macchina ad aspettarla, corse in autostrada inseguendo un pullman e similari, sono una ventata d’aria profumata che avvolge lo spettatore e lo coinvolge nella difficoltà e nella paura di costruire qualcosa su basi tremanti o perderla del tutto.

Il finale è tipicamente pop, niente di veramente clamoroso, ma semplicemente tenero.
Una commedia piacevole ed eccitante, a tratti malinconica, ma recitata ad hoc. Da vedere col partner per riflettere sull’importanza dell’amore.

Erika Pompili