L’abitudine arriva dal mondo anglosassone, dove l’eleganza maschile è tenuta in considerazione quanto se non addirittura di più di quella femminile e consiste nel concedere anche agli uomini l’uso del fiore all’occhiello ad ornamento del proprio abito.

Il fiore all’occhiello è permesso sostanzialmente in due occasioni con il frac e con il tight, anche se, oggi il fiore all’occhiello per lo sposo è permesso con qualsiasi tipo di abito purché, nemmeno a dirlo, accompagnato da camicia candida e cravatta o plastron.

Il galateo vuole che se lo sposo decide di portare la boutonniere deve offrirne una uguale o molto simile anche al proprio padre, al padre della sposa e ai testimoni, anche se è prassi e buona educazione, che venga offerta anche agli amici più cari e a tutti coloro che indossano il tight.

In giro ahimè si vedono le bottoniere più improbabili, che in nome dell’originalità e del fai da te hanno provato a sdoganare ogni genere di materiale e forma: dalla canapa ai fiori finti, dalla pasta al sale alle spighe di grano. La bottoniera deve essere soltanto un fiore, vero, null’altro.

I puristi della boutonniere pretendono che ad adornare l’occhiello, sinistro della giacca da cerimonia sia soltanto una gardenia bianca, ma oggi è concessa qualche piccola variazione: sì al bocciolo di rosa o al mughetto bianco, piuttosto che a un piccolo fiore di orchidea, mentre è un no secco ai garofani rossi che lasciamo volentieri alle manifestazioni politiche e a viole, anemoni, bouganvillee che spiccano su mazzi e centro tavola ma che sulla giacca da uomo sfigurano; sì dunque a bianco o, al massimo ai colori pastello.

Come sempre la parola d’ordine è semplicità e sobrietà: il fiore sarà freschissimo sobrio e molto piccolo.

 

Silvia GALLI