Nonostante le infinite proposte in commercio, la stragrande maggioranza continua a preferire il velo da sposa.
Si tratta, dunque, di un accessorio fondamentale, che va scelto con cura perché completa l’outfit ma ha il potere di bilanciarlo.

Guai, dunque a sbagliare nella sua scelta: corto o lungo, semplice o lavorato, in tulle o in tessuto più pesante, deve sempre e comunque “sposarsi” all’abito e alla fisicità di chi lo indossa.

Iniziamo dal principio: ci siamo mai chiesti perché il velo da sposa esista? La risposta è particolarmente intuitiva e semplice: quando i matrimoni erano combinati, era uno stratagemma perfetto per nascondere il volto della sposa fino al momento del “Sì”.

Uno stratagemma quanto mai utile, se non addirittura indispensabile soprattutto se la fanciulla non spiccava per bellezza!

Nell’antica Roma, poi, il velo da sposa veniva indossato anche come simbolo di buon augurio: durante la cerimonia, il flemmum – questo il nome originale del velo da sposa – veniva posto  sia sulla testa della sposa che dello sposo con l’obiettivo di proteggere la coppia.  A differenza dei veli odierni veniva realizzato nei colori del fuoco: giallo e rosso. Ed il rosso era utilizzato perché stava ad indicare la modestia.

Facendo un balzo  temporale in avanti arriviamo al Medioevo. Nell’epoca di mezzo invece, il significato del velo della sposa ha subito un’ulteriore evoluzione.

Fermato sul capo della sposa con fili d’oro e perline, si pensava avesse il compito di proteggere la donna dagli spiriti maligni, non solo il giorno del matrimonio, ma per tutta la vita.

Oggi ha un valore puramente simbolico, naturalmente;  anche  se il valore  cambia da un Paese all’altro del mondo.

Un esempio su tutti? Nel regno del Sol Levante, precisamente in Giappone, ad esempio, la tradizione vuole che il velo venga indossato dalla sposa per nascondere la sua gelosia.

Silvia GALLI