Inizia da questa settimana la sua collaborazione con ItalyNewsWeek, lo chef siciliano di fama internazionale, Filippo La Mantia che dal suo ristorante romano dispenserà opinioni, consigli e tendenze gustose quanto le leccornie che lo hanno reso uno dei cuochi italiani più rinomati nel mondo.

Se volessimo sintetizzare la mania esterofila degli italiani a tavola, potremmo usare il detto “Il calzolaio ha le suole bucate”. Noi abbiamo un livello enogastronomico altissimo, che va da Nord a Sud. Il nostro è un territorio pazzesco che fornisce materie prime eccelse, da cui è nata poi moltissimi anni fa la Dieta Mediterranea, che si configurava originariamente con lo stile alimentare dei contadini, che si nutrivano benissimo e che ci hanno insegnato a mangiare.

Ma dobbiamo fare i conti con il fatto che esistono anche le mode alimentari. Mai come in questi ultimi anni si può parlare di cibo come tendenza: il giapponese, ad esempio, cucina di grande e rispettabilissima tradizione, fa gola a migliaia di persone in larga misura perché mangiare sushi fa parte, nell’immaginario collettivo, di uno status symbol che identifica un certo tipo di vita.

Se dovessimo fare un po’ il ragionamento inverso, potremmo dire che quello che succede in Italia con le altre culture, è quello che accade nelle altre nazioni quando si sceglie di mangiare italiano.

Se è vero che in linea di massima il ragionamento è parimenti applicabile, è pur vero, purtroppo, che la cucina del 90% dei ristoranti italiani all’estero che ho provato e che conosco non ripropone piatti al 100% Made in Italy. I ristoranti giapponesi in Italia, invece, riescono a conservare una cultura importante, forse perché la loro è una cucina fatta di pochi ed essenziali ingredienti.

Quello che dispiace a me, e che dovrebbe dispiacerci tutti, è che l’Italia non si rende conto di essere assoggettata ad altre tradizioni culinarie, ma soprattutto di essere mal rappresentata all’estero.

Chi fa la cucina italiana in altre nazioni che non siano l’Italia deve cambiare attitudine e avere una sensibilità diversa per farsi davvero portavoce della grande tradizione culinaria del Belpaese. Il cuoco, in primis, deve essere italiano e dovrebbe utilizzare solo ed esclusivamente materie prime provenienti dal nostro Paese. Mi rendo conto che i problemi legati all’esportazione sono un limite e che non sempre è possibile e facile reperire dalla nostra nazione tutti gli ingredienti che si vogliono. In quel caso bisogna essere consapevoli della materia prima che possiamo avere nel luogo in cui ci troviamo e creare un menu con quello che possiamo rintracciare nei loro mercati.

Protagonista diventa, dunque, la fantasia del cuoco che si mette al servizio della materia prima. E’ facile fare grandi piatti quando si hanno a disposizione tutti gli ingredienti che si desiderano, più complesso diventa quando sui migliaia di prodotti del territorio italiano, possiamo averne una trentina. Da qui si riconosce il vero grande cuoco italiano.

 

Filippo La Mantia – chef del ristorante dello storico Hotel Majestic di via Veneto a Roma