Panettieri, falegnami, baristi, pasticceri, macellai, camerieri e sarti. 

Titolo di studio richiesto: qualunque. Voglia di darsi da fare: tantissima.

Questi sono solo alcuni dei “lavori dimenticati” che la nostra Italia richiede ma non trova, perché sono lavori manuali che richiedono un’esperienza tutt’oggi poco comune da trovare, ma soprattutto perché pesanti e con orari particolari.

Mancano panettieri che stiano svegli la notte ad impastare e siano pronti la mattina ad infornare a getto continuo pane e brioches.

Mancano falegnami che costruiscano infissi e mobili a colpi di sega e martello, con somma precisione e tanta pazienza.

Mancano baristi a tempo pieno, che non concedano solo qualche ora al di fuori dello studio, ma che si dedichino con passione alla crescita di un bar e della sua clientela.

Mancano camerieri, anche questi in pianta stabile, seri, preparati e gentili, che mantengano alto il nome dei ristoranti e sappiano a menadito almeno una lingua straniera.

Mancano pasticceri che si sveglino alle quattro del mattino per preparare i dolci della colazione da fornire ai bar, e che lavorino anche la domenica.

Mancano macellai, perché se è vero che il mondo è sempre più biologico e vegetariano, il consumo di carne è ancora altissimo, e le bistecche al supermercato non arrivano da sole.

Mancano sarti che facciano gli orli ai pantaloni e attacchino i bottoni, perché nessuno è più capace di farlo e, anche chi è già in pensione, continua a lavorare non essendoci l’adeguato ricambio generazionale.

Il tempi di crisi c’è chi si reinventa: molla la laurea appesa al muro e impara a fare qualcosa di manuale, qualcosa che profuma di legno e di pane, qualcosa che potrà insegnare ai propri figli, qualcosa che porterà avanti l’Italia nonostante tutto.

Erika POMPILI

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