di Alessia CASIRAGHI

Motivatrici, esigenti, grandi ascoltatrici ma soprattutto competitive. Le donne ‘coach’ sono sempre più richieste dai i loro colleghi maschi, soprattutto manager che hanno bisogno di quella marcia in più.

Il mestiere del coaching, il consulente-motivatore d’azienda, è sempre più diffuso in Italia: a richiedere il supporto di questo ‘allenatore’ delle professioni sono soprattutto i manager di alto livello, con un grado di istruzione elevata e un’età compresa tra i 36 e i 45 anni.

Uomini alla ricerca di un dialogo che riguarda nella maggior parte dei casi la sfera relazionale, ma anche disagi legati alla propria crescita personale o allo sviluppo del proprio livello di autostima.

Ecco allora che in loro soccorso arrivano le analiste d’azienda. Che non hanno a che fare con bilanci e stati patrimoniali, quanto piuttosto con le debolezze e le difficoltà umane di top manager e dirigenti d’azienda. Il loro identikit è semplice: donne di età compresa tra i 44 e i 49 anni, che vivono nel nord d’Italia e con un elevato livello di istruzione. Le quote rose del coaching rappresentano ad oggi il 60% delle figure professionali del settore, spiazzando la concorrenza maschile.

“La donna reintroduce il valore delle risorse umane, intese come patrimonio reale dell’azienda” spiega Fabrizia Ingenito, presidente di Icf Italia, che ha svolto una ricerca in merito con la collaborazione di PricewaterhouseCooper.

Le donne sono più propense a gestire il lato relazionale delle persone, il loro modo di interagire con i colleghi e sottoposti, valorizzando l’interesse verso l’altro: “sono in grado di tramette al loro interlocutore come le persone in azienda non vadano considerate alla stregua di voci di bilancio, ma come potenzialità a sostegno dell’azienda.”