Ci sono storie che, per la loro eccezionalità, vanno raccontate. Ci sono storie che non possono rimanere chiuse in un cassetto. Ci sono storie che si meritano di essere tramandate ai posteri. Ci sono storie il cui tramite espressivo altri non può essere che un libro. Non un film-documentario, né tanto meno l’articolo di un giornale. Fa parte di questa categoria eccezionale la vita di Giorgio Armani, che il designer stesso si è preso l’onere e l’onore di raccontare in un libro autobiografico.

Il volume, edito da Rizzoli, racchiude i quarant’anni di vita lavorativa dell’amatissimo designer italiano. Quarant’anni di carriera, stile, emozioni e visioni. Quarant’anni che lo stilista racconta in prima persona, conferendo forza al racconto, attraverso scatti iconici, foto inedite e una narrazione che unisce lavoro e vita privata, mettendo a nudo la propria visione del mondo, della vita e del business.

Lavoro e vita. Vita e lavoro. Un binomio inscindibile per Giorgio Armani che in questo memoir racconta la sua ascesa all’Olimpo della moda, a partire dagli esordi da vetrinista fino ad arrivare al grande successo mondiale, mettendoci a parte dell’incontro fondamentale con Sergio Galeotti, storico braccio destro, e l’esordio nella moda. Senza tralasciare di regalarci i ricordi dolci della sua infanzia a Piacenza, della famiglia, le vacanze in colonia, le serate al cinema con i fratelli, il periodo della guerra. Un libro da bere tutto d’un fiato, esempio per chi questa carriera la sogna.

Il volume – presentato dalla pungente penna del giornalismo, Suzy Menkes, subito dopo la presentazione della collezione primavera estate 2016 – è stato anche un momento di confronto con i giornalisti ai quali, Re Giorgio, ha dichiarato, tra il serio e il faceto: “Il mio ego mi fa dire che non ci sarà mai più nessuno come Armani“. Affermazione che, se a qualcuno può sembrare un peccato di tracotanza, per noi è la dimostrazione concreta di quanto fondamentale sia credere nelle proprie potenziali per riuscire a… riuscire. Poi, Armani, ha corretto – ma sempre a suo modo, senza peli sulla lingua – il tiro: “All’orizzonte non ci sono talenti di questo tipo, ma c’è un movimento, una sorta di avanguardia di una moda più ricomposta. Adesso non c’è stilista che possa farcela senza correre dietro a una realtà importante, con queste multinazionali che si improvvisano talent scout». Ha proseguito, infine, dicendo che la sua generazione è l’ultima “a fare un certo tipo di lavoro, dal piccolo al grande, adesso è tutto improvviso, studiato a tavolino, tavolino che a volte è anche traballato“.

Pinella PETRONIO