Abbiamo già detto molte cose su questo argomento, siamo sempre pronti a sostenere le iniziative e le persone che divulgano con passione e competenza azioni a sostegno di questa battaglia, quella contro la violenza sulle donne. Domani sarà il 25 novembre 2020 ed è proprio la giornata mondiale dedicata all’ eliminazione della violenza contro le donne. Una giornata dolorosa che è solo una 24 ore a fronte di una miriade di ore, di anni, di secoli di violenze ingiuste e ingiustificate.

Come possiamo raccontare questo fenomeno? Forse attraverso i numeri. Basta leggere i dati delI’Istat che sono puntuali e aggiornati e già, solo quelli, fanno tremare le gambe. Anche il lockdown ci ha messo del suo acuendo la situazione di pericolo e di disagio di molte donne che non hanno dovuto affrontare solo la quarantena, ma una quarantena con un aguzzino, 24 ore su 24, senza via d’uscita.

Qui di seguito i dati dell’Istat che riportano un aumento della violenza e dei maltrattamenti ai danni delle donne nel periodo che va da Gennaio a Giugno 2020

Come possiamo essere parte attiva del cambiamento, fare qualcosa, sensibilizzare, aiutare davvero? Oltre che sostenere le associazioni che si occupano di azioni concrete, di sostegno e accompagnamento nel percorso di guarigione delle vittime, oltre a raccogliere informazioni, condividere iniziative, proporre progetti che aiutano e rendere il problema un argomento di cui occuparci ogni giorno, che cosa altro possiamo fare?

Possiamo e dobbiamo essere delle torce, delle torce fiammanti che rischiarano il buio, la notte scura del patriarcato. Possiamo e dobbiamo accendere la luce, essere la fiamma che arde, la fiaccola, la fiammella della ragione. Accendiamo gli interruttori, facciamo in modo che ogni atteggiamento violento sia osservato, analizzato, scoperto, denunciato! Facciamoci dare delle stronze se necessario, essere stronze è bellissimo se possiamo salvare la vita ad un’altra persona.

25 novembre 2020: non lasciamo che la luce si spenga

Vogliamo arrabbiarci, indignarci, accaldarci, vogliamo, tutte le volte che qualcuno sarà causa di violenza contro una qualunque altra donna, provocare un enorme incendio capace di ridurre in cenere chi lo ha procurato. Perché il corpo di un’altra donna è il nostro corpo. Dobbiamo essere feroci e fameliche ma non operare con la stessa modalità. Essere violente con la violenza è una contraddizione in termini, è come accendere le luci ma rimanere con gli occhi chiusi. Utilizziamo la rabbia per essere la miccia che fa accendere il desiderio di cambiamento.

Dobbiamo essere violentemente appassionate e decise. Leggere, riflettere, dibattere, capire e divulgare quello che abbiamo imparato. Parlare coi nostri figli e coi nostri padri ma anche col nostro fruttivendolo, col meccanico e coll’autista dell’autobus. Non bisogna mai gettare la spugna, e non dire che le donne non sono solidali tra di loro. Le donne sono solidali è la cultura maschilista che non lo è affatto.

Possiamo e dobbiamo fare quello che sappiamo fare al meglio, chi sa parlare parli chi sa scrivere scriva, chi sa danzare danzi, chi sa fare qualcosa lo metta al servizio della causa senza soffermarsi su quello che è superfluo. Chiara Ferragni fa bene a parlare di femminismo? Ma chi siamo noi per dire ad un’altra donna, o meglio persona, quello di cui può o non può parlare? A cosa serve? Ognuno sta facendo (o non sta facendo) un percorso personale e non è mettendo un segno rosso in faccia (come stanno facendo nei campi di calcio) o parlando di victim shaming con qualche storia su Instagram che cambieremo la situazione, ma forse si. Purtroppo quello che viene fuori è la difficoltà di comunicare argomenti complessi che sono quelli di cui vale la pena parlare. Fosse tutto risolvibile con un Sì o con un NO su Instagram forse non varrebbe neppure la pena avere la possibilità di farla quella scelta.

Per capire ancora meglio quanta pazienza e quanta sconfinata crudeltà e ignoranza ci circonda, ecco qualche commento trovato in rete, davvero random, sotto ad articoli di cronaca che hanno a che fare con il recente caso dell’Imprenditore Alberto Genovese e della giovane ragazza violentata che lo ha denunciato.

Non facciamo volutamente neppure un accenno all’ultimo articolo uscito su Libero perché siamo già abbondantemente andati oltre la decenza, per certi personaggi l’unica speranza rimane il TSO.

Vi avvisiamo, per arrivare fino in fondo nella lettura di questi commenti, servono degli antiemetici ed una grande pace interiore.

Utilizziamo la rabbia, la pancia per usare la testa e fare la differenza.

Martina ZANGHI’