Nonostante nel ruolo ci sia stata effettivamente due anni scarsi, nell’immaginario collettivo la First Lady per antonomasia è lei Jackie Kennedy. Nata Bouvier, la moglie di John Fitzgerald Kennedy, è l’emblema dell’americanità più spudoratamente Wasp, dall’adolescenza e la giovinezza passate tra gli Hamptons e il Rhode Island e gli studi classici, con particolare attenzione e passione per l’arte egizia e l’amore per la danza, Jackie era nata e destinata ad essere sulla cresta dell’onda.

Un matrimonio da 700 invitati celebrato a Newport sembrava essere l’inizio di una moderna favola d’amore, ma nessuno, tantomeno Jackie poteva immaginare quali croci avesse in serbo per lei la vita, a cominciare da un matrimonio costellato dai continui tradimenti di JFK. Quello con Marilyn Monroe è stato solo il più famoso, non certo l’unico. La perdita di due bambini e quel fatidico 22 novembre 1963 a Dallas dove rimase vedova di fronte al mondo intero contribuirono a dare a questa donna l’immortalità.

Jackie amava il Presidente, nonostante i tradimenti, nonostante le assenze, nonostante la famiglia particolarmente ingombrante. Jackie era innamorata e pronta a stare accanto al marito, come si suol dire “nella buona e  nella cattiva sorte”. Non tutti sanno, ad esempio che fu proprio lei a creare e ad istituire un percorso divulgativo per le persone in visita alla Casa Bianca rivoluzionandone, poi, gli arredi con l’aiuto dei migliori architetti ed interior designers. Al termine dei lavori, nel 1962, Jackie concesse a Charles Collingwood, un giornalista della CBS, un tour guidato della Casa Bianca, per mostrare i risultati dell’intervento, e questo filmato le valse la vittoria di uno speciale Emmy Award.

Dopo un anno di lutto, da quel famoso giorno in cui il Presidente fu assassinato e lei cercò in ogni modo di evitare l’irreparabile però, Jackie ritornò a vivere animando la vita notturna newyorkese e inanellando relazioni tanto sbagliate quanto effimere: con Marlon Brando durò una notte, con WIlliam Holden meno di una settimana e con Paul Newman, dichiarò ai più intimi, le sembrava di rivivere le notti appassionate con il Presidente.

Finché non ci fu Ari. L’armatore greco Aristotele Onassis per lei lasciò, o per lo meno finse di lasciare, Maria Callas, sua storica amante e sposò Jackie nel 1968. Un matrimonio che non aveva niente a che fare con l’amore e che prevedeva rigidissimi accordi prematrimoniali, un matrimonio che, come prevedibile naufragò in brevissimo tempo e fu costellato da vendette e ripicche.

Jackie tornò a vivere in pianta stabile a New York e tornò ai suoi primi amori: la carta stampata e l’arte egizia, rese infatti, tra le altre cose, possibile, l’installazione al MET di Manhattan del Tempio di Dendur, magnifica opera in pietra arenaria che venne messa in salvo dalle acque dopo la costruzione della diga di Assuan. Nessuno è mai riuscito a definire Mrs Kennedy in maniera più efficace del London Evening Star in occasione della sua morte: «Jacqueline Kennedy ha dato al popolo americano una cosa che gli era sempre mancata: la maestà».

Acuta e dissacrante, leggera e ironica, dotata di un cinico distacco, Jackie Kennedy Onassis non era, per sua stessa ammissione, una bellezza, ma aveva uno spiccato senso estetico ed un eccezionale fiuto per lo stile che le consentivano di valorizzare al meglio quelli che erano i suoi punti di forza minimizzando, fino a farli scomparire del tutto i suoi difetti, incantando il mondo con la sua eleganza, sin da quando nel 1958 figurava – o meglio troneggiava – di fianco al marito John, in gara per la rielezione al senato, sulle copertine di tutto il globo.

Chic senza alcuno sforzo per esserlo, elegante di un’eleganza dinamica, moderna e sofisticata, Jackie non seguiva le tendenze, ma le dettava. E anche quando decideva consapevolmente di seguirle, era in grado più di chiunque altro di rileggerle in chiave talmente personale da rivisitarle nel profondo, facendole diventare completamente nuove. Amata e ammirata da tutto il mondo, Jackie O era capace di trovare l‘accessorio giusto – stravagante ed esagerato – per dare risalto ad un look di per sé semplice e lineare, era capace di rendere iperfemminile, con una maxi gala rossa, un outfit androgino, e ancora di rendere cool e interessante una semplice T-shirt bianca, abbinandola a minigonna in suede e maxi foulard in testa, o di indossare scarpe basse, in occasioni importanti, senza essere minimamente fuori posto.

Effortless style (stile senza sforzo) è certamente la definizione che meglio di tutte la rappresentava. Ma c’è un ma. Jackie Kennedy sapeva benissimo che per riuscire ad entrare nel mito della moda, per dettare uno stile che fosse suo proprio e fosse seguito ed emulato travalicando le barriere spazio temporali, aveva bisogno di utilizzare alcuni elementi particolari, con una certa costanza. Elementi che si intonassero perfettamente alle migliaia di look che il suo istinto le suggeriva, che non disturbassero, che non stonassero, che fossero parte di lei, come un occhio o un braccio: quelli sarebbero stati gli elementi di stile che le avrebbero dato l’immortalità, che avrebbero consacrato il Jackie Kennedy Style.

E così ecco perché, stratega dello stile, la sua scelta ricadeva quasi sempre su maxi occhiali da sole, preferibilmente di forma rotonda. Ecco perché la scelta di indossare pantaloni alla caviglia, la borsa a mezzaluna con la fibbia di Gucci che da lei poi prenderà il nome, e ancora i sandali Capri ultra flat, acquistati durante le sue amatissime vacanze italiane nell’isola dell’arcipelago partenopeo, gli abiti a corolla colorati come bon bon alla frutta (soprattutto durante gli Anni ’50 e ’60), i suoi tailleur a scatola (tragicamente storico rimane quello rosa, indossato durante l’assassinio del marito che lei non volle cambiarsi perché tutto il mondo sapesse “quello che hanno fatto a John), passando per i blazer scivolati, i mocassini di Gucci, i pullover a manica corta e i foulard di Hermès fra i capelli.

Non a caso, infatti, i designer di tutto il mondo nutrivano nei suoi confronti una venerazione quasi religiosa (Valentino Garavani, ad esempio, a lei, meravigliosa icona, dedicò la sua celeberrima collezione Bianca) e, ieri come oggi, non si stancano mai di citarla e a lei si ispiravano per creare collezioni che cercavano in qualche modo di rubare i segreti del suo stile e vendere il sogno alle donne che tanto la amavano. Jackie appartiene, ed è lecito usare il presente, a quel novero di donne abili, più che fortunate, a sfruttare un sesto senso straordinario, quello verso la bellezza, la perfezione e l’armonia, a quel novero di donne che per essere straordinariamente chic hanno bisogno soltanto di un paio di pantaloni bianchi, una T-shirt nera, occhiali da sole, piedi scalzi e capelli raccolti in una coda di cavallo.

 

Silvia GALLI 
Pinella PETRONIO