Una scuola che è diventata un modello e un caso di studio per gli insegnanti, nonostante si trovi in un paese sperduto negli Stati Uniti, difficile da raggiungere anche per gli stessi americani.
Ma Edgecomb, paese di 1.200 abitanti nel Maine, vanta un particolare primato: la sua scuola, il Center for Teaching and Learning, è stata fondata da Nancie Atwell, la prima insegnante ad aver vinto il Premio Nobel degli insegnanti.

Ma cos’ha fatto di speciale questa persona? E perché questa scuola è un esempio per tutti?

Questo istituto, attivo dal 1990, accoglie un centinaio di bambini, tra i 5 e i 12 anni, che imparano e studiano utilizzando metodologie alternative.

Chi pensa di trovare, nelle aule di questa speciale scuola, tablet supermoderni e altri strumenti tecnologici rivoluzionari, si sbaglia di grosso.
A tappezzare le pareti delle classi, infatti, sono libri, a migliaia, ovviamente a disposizione degli studenti.
Risultato? Gli alunni del Center for Teaching and Learning leggono in media 40 libri all’anno, contro i 5 della media Usa e scrivono racconti, poesie e recensioni che vengono pubblicati su riviste o sul sito del centro.Center_for_Teaching_Learning

E se ancora qualcuno dovesse pensare che leggere non serve a nulla, i risultati scolastici dei ragazzi del Ctl sono altissimi: il 97% di loro, inoltre, proseguono gli studi e si iscrivono a college e università prestigiose, come Harvard.

A rendere la scuola un fiore all’occhiello è la presenza di laboratori di storia, arte, musica e scienze, che permettono di aprire la mente e avvicinarsi ad ambiti che, altrimenti, sarebbero preclusi, o conosciuti solo superficialmente.

Il premio assegnato a Nancie Atwell è stato conferito dalla Varkey Foundation, il cui fondatore, Sunny Varkey, imprenditore di origini indiane, punta a far conoscere al mondo le storie di quei semplici e sconosciuti “eroi” che hanno il grande merito di trasformare in meglio la vita dei giovani.

La premiazione è avvenuta a Dubai, e in quell’ambito Atwell ha spiegato su cosa si basa la sua ormai celebre scuola: “Classi piccole, niente test standardizzati, approccio “uno a uno” con i ragazzi. I bambini sono incoraggiati a scegliere in autonomia il libro che hanno più voglia di leggere e hanno il tempo e lo spazio per farlo, in un continuo dialogo con l’insegnante. Facciamo laboratori quotidiani di scrittura e sono i bambini a decidere che cosa scrivere: l’ultimo libro che hanno letto, le emozioni che ha prodotto in loro. La scoperta rivoluzionaria è stata vedere che lasciandoli liberi di scegliere da soli, dalla libreria che aggiorniamo continuamente, diventano lettori appassionati”.

Nessuna costrizione, dunque, quando si tratta di scegliere il prossimo libro da leggere, nessun programma ministeriale da seguire: sono i ragazzi a decidere a quale genere approcciarsi, e, per poter accontentare tutti, a scuola sono disponibili i volumi più disparati: “Harry Potter, Amleto, Huck Finn. Classici e novità. Fortunatamente in questo momento negli Stati Uniti c’è grandissima scelta. Sul sito della scuola abbiamo elenchi di libri consigliati, che vengono aggiornati tre volte all’anno, anche con il contributo dei ragazzi”.

Uno degli errori che più comunemente si fanno è pensare che un ragazzo che oggi non legge, non lo farà mai. Non è così, almeno non sempre: “Quando un ragazzo afferma di non amare la lettura in realtà è perché non ha trovato il libro giusto. I giovani che non sono abituati a leggere non provano un piacere immediato, devono entrare nella storia e comprenderne il linguaggio. Un videogioco e un libro non sono la stessa cosa. Se vogliamo far entrare la lettura nella loro vita dobbiamo fare in modo che la incrocino sempre, non solo un’ora a settimana. Io poi sono contraria alla lettura su schermi digitali. Anche i bambini abituati ai libri, non li amano. Ai genitori chiediamo di limitare a mezz’ora, massimo un’ora al giorno il tempo per videogiochi o social network. E comunque dopo la lettura, che deve essere quotidiana. A scuola usiamo le tecnologie solo per fare ricerche di storia o scienze, laptop per scrivere. Niente tablet ai più piccoli, mouse e tastiera solo dopo i nove anni”.

Vera MORETTI