Cronaca e romanzi sono pieni di segretarie in adorazione del capo, studentesse che spasimano per bei professori e pazienti perdutamente innamorati della propria analista. Ma il fatto non è questo: la posizione di superiorità dal punto di vista lavorativo o delle competenze ha da sempre creato ammirazione confusa all’attrazione sessuale… Fin dall’inizio dei secoli.

Inutile dire che questo processo è fisiologico (come sottolineano gli psicologi), ma falsa la vera percezione dei sentimenti verso quella data persona: sta sempre alla parte più “forte” identificare la situazione ed evitare spiacevoli inconvenienti. Soprattutto se uno dei soggetti coinvolti è in situazione di debolezza fisica, psichica o ha un’età nella quale fa fatica a scindere l’attrazione data dalla posizione sociale rispetto a quella amorosa.

Ma il punto è un altro: è giusto barattare il sesso con vantaggi dal punto di vista lavorativo? E’ corretto “vendere” il proprio corpo a qualcuno per ottenere un buon voto, una promozione o un posto fisso?

In tempi di crisi questo problema si fa più sentito e si sparge a macchia d’olio nei discorsi di ogni giorno: un giovane studente italiano su due ammette di essere disposto a scegliere questa modalità pur di superare i test universitari.

Una generazione al degrado? Non credo. Una generazione vissuta a colpi di festini ad Arcore e pubblicità sessiste, piuttosto. Una generazione che vive il sesso giustamente in maniera libera, ma pensa che ormai essere corretti-istruiti-carismatici-precisi-infaticabili non basti più.

Ecco, a tutti i miei coetanei che hanno risposto “sì” al sesso come merce di scambio mi sento di dire una cosa: il sesso è un dono, un’esperienza totalizzante e coinvolgente, non una moneta, un pegno da pagare. Sarà più difficile studiare duro, sarà deprimente essere rifiutati ad un colloquio nonostante le infinite capacità maturate nel tempo, ma l’intimità è un prezzo troppo alto da pagare per piccoli vantaggi quotidiani. Non ne vale la pena.

Alla fine l’impegno e la coerenza pagano sempre. Bisogna però saper aspettare. E la nostra new generation, alle volte, ha troppa fretta. Ogni cosa ha il suo tempo, non dimentichiamocelo.

Erika POMPILI

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