Nonostante si pensi che il mondo della programmazione e dei videogiochi sia “roba da uomini”, ultimamente anche le donne si stanno avvicinando a questo settore, dimostrando che non hanno nulla di meno rispetto ai colleghi maschi.

A confermare questa inversione di tendenza è anche una ricerca realizzata da International Games Developer Association (IGDA), la più grande associazione non-profit al mondo, a servizio di tutti coloro che sviluppano videogiochi.

Ebbene, dal sondaggio effettuato è risultato che i maschi impiegati nel settore rappresentano il 76% del totale, le femmine il 22%.
La differenza è ancora netta, è vero, ma, confrontando i dati raccolti con i risultati ottenuti nel 2005, si capisce che l’aumento delle presenze in rosa è sostanziale, riconducibile all’11,5%.

Ponendo domande mirate alla rappresentanza femminile, è emerso che le discriminazioni di genere esistono, a cominciare da trattamenti preferenziali nelle assunzioni o promozioni di uomini, insubordinazione degli uomini se al comando ci sono donne, mancanza di rispetto nelle considerazioni portate dalle donne nei lavori in team, minore presenza di personaggi femminili nei videogiochi e, come spesso accade anche in altri settori, molti più uomini in posizioni dirigenziali.

Ma non è tutto, ahimè, perché alcune donne intervistate hanno lamentato, giustamente, la mancanza di spogliatoi e club ricreativi femminili, mentre, ovviamente, sono presenti per gli uomini, arrivando fino ai soliti commenti volgari sull’aspetto fisico, che non vorremmo più né commentare né sentire, ma che, quando l’uomo è in branco, purtroppo ancora esistono, e che a volte sfociano in denunce per molestie sessuali che lasciano la donna ancora più sola.

Le ricerche in questo ambito sono state fatte da altre associazioni no profit, come ad esempio Girls Who Code, che ha dichiarato come, entro il 2020, saranno disponibili ben 1.4 milioni di posti di lavoro che avranno a che fare con la programmazione e le nuove tecnologie. Le donne, dunque, non dovranno farsi trovare impreparate. Per questo è stata costituita l’associazione, per far capire alle nuove leve di non farsi sfuggire una buona opportunità di lavoro solo perché, finora, è stata catalogata come “roba da maschi”.
E’ tempo, ormai, di lasciar cadere questi stereotipi e di combattere per farsi valere, se è questo ciò che si desidera.

Anche Google ha uno speciale programma di sensibilizzazione pensato per le ragazze: Made With Code. Sulle pagine dedicate al progetto, il motore di ricerca più utilizzato dichiara che le ragazze si appassionano alle scienze e alla tecnologia ma spesso si perdono lungo la strada. Made With Code è stato pensato per incoraggiare le adolescenti a mantenere viva questa passione.
L’esempio di quanto accade negli Stati Uniti è lampante: il 74% delle adolescenti esprime interesse per le materie STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) ma poi quando si arriva alla decisione finale della scuola superiore, soltanto lo 0.4% programma un percorso di studi nel mondo della programmazione.
E qui sicuramente c’è lo zampino degli adulti che le circondano, a cominciare dai genitori, che probabilmente le scoraggiano e le deviano verso altri percorsi di studio.

Se le associazioni di questo tipo nascono come funghi, significa che ce n’è proprio l’esigenza, e che è proprio questo il momento di agire, per cambiare un trend che per troppi anni è rimasto invariato, escludendo quasi del tutto un intero genere, come se la programmazione fosse appannaggio sono degli uomini senza accesso alcuno spiraglio per le donne.

Invece, il punto di vista femminile è importante in qualsiasi ambito, senza parlare poi delle competenze e dei meriti, che non dovrebbero avere né età né sesso, ma, se ancora occorre lottare per far sentire la propria voce, allora che lotta sia. Porterà sicuramente a qualcosa di buono, di nuovo e positivo.

Vera MORETTI