Filippo La Mantia, chef siciliano di fama internazionale, dal suo ristorante romano dispensa opinioni, consigli e tendenze gustose quanto le leccornie che lo hanno reso uno dei cuochi italiani più rinomati nel mondo.

I food blogger sono una realtà sempre più forte e importante nel nostro paese. Una realtà di cui fanno parte varie tipologie di presunti professionisti che ora si limitano a ricette facili e veloci, ora si arrogano il diritto di dare giudizi e criticare.

Tra i blogger che stimo maggiormente c’è sicuramente Chiara Maci, è una delle poche che fa il suo mestiere con passione e devozione, senza stare lì  a puntare il dito contro questo o contro quello chef, senza mettersi a valutare un ristorante in base alle frequentazioni di vip o di politici, moda che pare essere diventata uno sport nazionale.

Se devo essere propriamente onesto, diffido molto e guardo con sospetto a quei blogger che non firmano con il loro nome e cognome e che si nascondo dietro un nickname. Sono quelli che, appunto perché la loro identità rimane ignota, si sentono legittimati a parlare e sparlare. Mi chiedo chi abbia dato loro il diritto di farlo. Concordo sul fatto che il web sia democratico e che ciascuno deve essere libero di dire la propria, ma porsi come guru del food, senza averne le competenze, va sempre a discapito dei cuochi, rovinosamente assaliti dai giudizi che questa gente dà in maniera anonima. È troppo facile oggi mettersi davanti ad una tastiera e dietro ad un video e sparare a zero, senza peraltro confrontarsi o dare la possibilità all’accusato di difendersi.

Ma non solo. Oggi, alcuni siti danno la possibilità di fare recensioni e scrivere commenti a proposito del ristorante dove sono andati a mangiare. Giustissimo, per carità. Ma il punto è che spesso dietro questi nick si nascondono persone represse che sfogano le loro invidie attraverso critiche e commenti, a cui peraltro, finora noi cuochi non potevamo nemmeno controbattere.

Per fortuna da qualche mese c’è stata data la possibilità di dire la nostra, altrimenti sarebbe stata una cosa a senso unico, un tribunale di giustizia sommaria in cui l’imputato non ha facoltà di parola. Altra cosa molto grave è che spesso l’incompetenza della gente nel giudicare pregiudica anche le sorti di un ristorante e delle persone che ci lavorano. Capirete benissimo che fare una recensione, che viene letta da milioni di persone (la potenza del web è fortissima), è una cosa seria e il compito non può essere affidato a dilettanti.

Oggi essere cuoco è diventato davvero impegnativo, sono tali e tante le pressioni che ci mettono addosso, è tale l’ansia di dovere dimostrare qualcosa a qualcuno che non si vive più il mestiere come la cosa bella che è.

 

Filippo La Mantia – chef del ristorante dello storico Hotel Majestic di via Veneto a Roma