Dopo Albano e Romina, dopo Barbie ed il suo Ken, ora anche un sodalizio che sembrava inossidabile è arrivato al capolinea. Dopo anni di onorata carriera come Platinissima a Radio Deejay, la Plati del piccolo schermo e della grande radio ha ricevuto il benservito da uno dei suoi pigmalioni. Ed allora lei cos’ha fatto? Semplicemente ha cambiato lidi approdando sulle dorate spiagge di Radio Monte Carlo. E poi? Il resto gliel’abbiamo chiesto direttamente.

Oggi a RMC sarà una Plati chic: chiusa una porta si apre un portone? Cosa si aspetta? 
Mi aspetto di poter fare un percorso similare a quello condotto fino ad ora, ma con più eleganza, ciò che io non ho ma che Monte Carlo ha per definizione. Mi piace che adesso il mio lavoro principale sia limare le virgole o smussare gli angoli e cercare di essere un po’ più “chic”. Per molto tempo sono stata molto “shock”; adesso vorrei trasformarmi in una signora che passa la brutta stagione a Monte Carlo a giocare a canasta, e d’estate fa il giro del Mediterraneo con il suo yacht. Non è vero niente (ride, N.d.r.). Faccio lo stesso lavoro di prima ma in un ambito che crede fortemente si possa collaborare con uno fuori dal coro come me, senza paura e senza pregiudizi. Trovo questo meraviglioso. Speriamo… Ci sono progetti di un certo tenore. Anche qui mi piace molto andare a verificare quello che si può fare: se Deejay aveva la caratteristica d’essere per me un po’ troppo “disco sound”, a Monte Carlo diamo una spolveratina leggera… Va già bene così, ma un filino di lurex non guasta.

Parlando di Deejay: il rapporto con Linus?
E’ stato il mio direttore artistico per tanti anni. A lui, improvvisamente, è venuto il dubbio, credo, spero per lui, maturato non certo in dieci minuti e dopo una discussione piuttosto accesa su una canzone, che il mio stile non ammette repliche, avendo io un carattere notoriamente molto difficile. Ciò che è andato bene, se ti è andato bene per molti anni e continua ad andare bene visti i numeri della radio in cui ho felicemente ed orgogliosamente lavorato, è diventato un problema di competizione. A me le competizioni all’interno di un gruppo non piacciono, non perché non mi meriti le contestazioni, ma non ci sto quando le contestazioni sono su determinate scelte fatte da me, richiesta autonomia nel campo della musica e degli ospiti… Sa, quando si è molto ragazzi forse si è disposti a compromessi – uff, il compromesso è una pratica meravigliosa (ride, N.d.r.)… ma dopo un po’ no. Dopo dichiarate attestazioni di stima da parte del pubblico, mi sembrerebbe anche un po’ sciocco “cedere”. E’ vero che ho fatto un percorso strano, neanche pensabile: da una “stupidera” fatta di allusioni, ammiccamenti, doppi sensi, alla – non dico “informazione” che è una parola grossa – ma comunque ad un percorso dell’individuo importante. Forse è un suicidio dal punto di vista professionale, ma io me ne sbatto altamente le ovaie, come ho sempre fatto, perché se devo rendere conto a qualcuno, quel qualcuno è me stesso. Poi ovviamente ai miei datori di lavoro, i quali obiettivamente non apprezzavano la scelta.

Lei ha portato in radio i libri. Chi non ricorda i siparietti esilaranti con la Signora Cimmino?
Sapevamo benissimo quello che stavamo facendo. Tentavamo di unire il cosiddetto “infotainment ” a una qualche piccola perla in più che aggiungesse carattere, rispettando talmente tanto l’ascoltatore. Per noi è l’ascoltatore resta un elemento pensante: Deejay è una radio leggera per definizione, di grande dinamicità,  dove gli ascoltatori sono tutti giovani per sempre (beati loro), però non mi sembrava che questo turbasse o appesantisse più di tanto il programma, né che il linguaggio fosse consunto e desueto. Mettere insieme il cotto e il crudo, il bianco e il nero è uno degli insegnamenti per me basilari, appreso da Costanzo dopo decine, centinaia di serate al Parioli e che tento di riproporre venendo da un punto che è totalmente diverso da quello di Maurizio, il giornalismo. Io vengo “dal marciapiede”. In quel modo mi sembrava di nobilitare la mia figura e al tempo stesso di dare all’ascoltatore un qualcosina in più: perché non siamo così tutti sciocchi, credo, dal voler ridere sguaiatamente da mattina a sera. Io lo faccio, per carità, ma ci può essere una giusta via di mezzo.

Paola PERFETTI