Nonostante viva all’estero lei è italiana. Cosa le piace del Belpaese?
Sicuramente la qualità della vita qui è migliore. Ma quando si parla di flessibilità sul lavoro l’Italia ha ancora molto da imparare, soprattutto per quanto riguarda la posizione della donna, ancora costretta a scegliere tra famiglia e occupazione. Se solo venissero attuate politiche ad hoc, le due cose potrebbe tranquillamente convivere. Se una persona è felice e realizzata lavora meglio, no?

Come funziona in Coalesse?
Il mio ufficio è casa mia, ad Amsterdam. La mia capa ha 39 anni, due figli ed è vice presidente di Coalesse. Una donna straordinaria! Le mie colleghe lavorano da Parigi, Strasburgo, Londra… Il fatto che il mio sia un lavoro all’80%, vale a dire che ho tutti i venerdì liberi, non significa che non lavoriamo. Sono director, occupo una posizione di livello senza per questo compromettere la mia vita personale. Inoltre non c’è nessuno che fa battute se faccio osservazioni intelligenti solo perché sono donna, o che mi ordina di fare il caffè. Per questo non torno in Italia.

C’è qualche speranza per il nostro Paese?
Adoro l’Italia, una nazione che ha delle ottime potenzialità di cui essere fiero, che però non è ancora in grado di creare un vivibile legame lavoro-famiglia, soprattutto per quanto riguarda le donne. Non credo che il nostro Paese possa andare oltre senza un cambiamento culturale coadiuvato dalle aziende che devono capire che questa convivenza è davvero possibile. Le aziende del resto del mondo lo hanno già capito da tempo:  se il dipendente è più felice produce di più e meglio. L’Italia deve cogliere questa occasione di cambiamento culturale: si tratta di una chance importante per il nostro Paese.

Giulia DONDONI

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