L’eredità comasca dei tessuti e della seta, la passione per il dettaglio, la voglia di realizzare il proprio sogno, il bisogno di rendere perfetto un accessorio amatissimo dalle donne, l’amore per il fatto a mano e il Made in Italy. Questi sono gli ingredienti usati da Mia Moltrasio per dare vita, insieme alla sorella Cristina, al marchio di ballerine, interamente realizzate a mano da artigiani italiani e con tessuti comaschi, che porta il suo nome. Il desiderio di rendersi indipendente, di smettere di contribuire al sogno di qualcun altro, per dare vita al proprio, ha portato Mia a sfidare la sorte, a lasciare la sicurezza di un lavoro stabile per l’incertezza di un lavoro che invece la appassionava.

Una storia, la sua, che può e deve essere di esempio per quanti pensano di non potercela fare. Un prodotto, il suo, emblema di eccellenza italiana, testimonianza di quanto le maestrie artigianali italiane siano un tesoro prezioso, da preservare e tramandare, per la nostra nazione. L’abbiamo intervistata per voi e con lei abbiamo parlato, tra le altre cose, di imprenditoria femminile e del ruolo delle donne in azienda.

Non hai avuto paura a lasciare la sicurezza di un lavoro in una multinazionale e lanciarti in un’impresa del tutto indipendente?
Certo è stato molto difficile, soprattutto visto il contesto economico in cui ci troviamo. È stata una scelta pensata e ponderata in cui alla fine l’entusiasmo ha vinto. Passi anni a contribuire al sogno di qualcun altro, ad un certo punto vuoi il tuo di sogno.
Come nasce l’idea di questo marchio?
Il marchio nasce dalla voglia di provare a costruire qualcosa da soli. Siamo partiti dalle ballerine perché indossandone molte e da molto tempo (l’altezza mi ha resa una consumatrice fedele) avevo una serie di dettagli che avrei sempre voluto nelle scarpe comprate fino ad oggi: il tacco molto basso, la suola a scomparsa, la scollatura ampia, il laccetto sul modello a punta.
Quanto è importante il legame con il territorio da cui provieni?
Mi piace tantissimo l’eredità comasca dei tessuti e della seta. Nella casa di campagna di mio marito – dove oggi passo i weekend con i miei figli – i suoi bisnonni coltivavano i bachi da seta. Quando abbiamo pensato alla nostra collezione è stato automatico attingere a questa eredità. I velluti delle ballerine sono prodotti a Como e nella loro composizione c’è proprio la seta che rende il velluto molto luminoso e brillante. Anche il packaging è made in Como. Ogni paio di ballerine, oltre ad essere abbinate ad una calza, ha una bustina porta scarpe in tessuto jacquard fatto a Como. Ogni bustina è un pezzo unico, recuperato dai fondi di magazzino delle tessiture comasche.
Come mai la scelta di corredare le tue ballerine con dei raffinati calzini?
L’idea era di proporre delle ballerine che potessero essere indossate anche d’inverno e offrire una scelta di colori non prettamente invernali, come la nostra ballerina rosa o carta da zucchero. La calza, oltre a proteggere dalle temperature più rigide, aiuta nell’abbinamento e nella scelta dell’outfit da indossare.
Le donne amano le ballerine, ma gli uomini invece le detestano, pensi che possa essere un deterrente all’acquisto?
Immagino il nostro target di cliente come una donna emancipata, libera e curiosa delle novità. Non credo sia giusto imprigionare la sua sensualità nel cliché del tacco alto. Non credo che nessun uomo detesti Alexa Chung quando indossa le ballerine.
Le tue ballerine sono interamente fatte in Italia, pensi che le eccellenze artigianali italiane, in un mondo che ormai tende sempre di più a dislocare la produzione, sono ancora un valore aggiunto?
Credo che l’artigianalità e la dimensione familiare delle imprese italiane siano certamente un valore aggiunto da un punto di vista della qualità: la differenza credo sia già visibile in foto. Se poi si ha modo di vedere e indossare le scarpe, la risposta viene da sé. Ma sono ancora più convinta che l’artigianato sia un valore per il nostro Paese. È un’arte che passa di generazione in generazione, che produce eccellenze ma anche occupazione. Dislocare la produzione sicuramente riduce i costi, ma depaupera il nostro Paese e le sue risorse.
Per una donna che ha figli e famiglia, è più difficile fare impresa?
Se penso ai miei ultimi 3 anni di mamma con 2 figli e un lavoro con ritmi da multinazionale, direi di no. Anzi è stata proprio la totale mancanza di tempo da dedicare alla mia famiglia che mi ha spinto verso questa scelta. Trovo che l’opportunità di gestire il tuo tempo ti permetta sia di lavorare meglio sia di vivere la famiglia. Certo ci vuole tanto impegno ed equilibrio ma alla fine sono questi stimoli che rigenerano.
Il mondo delle aziende è ancora esclusivamente appannaggio maschile? Una donna fa più fatica a fare sentire la propria voce?
Nelle mie esperienze lavorative le competenze e la professionalità andavano oltre essere uomo o donna. Ho conosciuto tante donne estremamente in gamba che non hanno avuto problemi a far sentire la loro voce.

Pinella PETRONIO