Alla maggior parte di noi è successo, nella vita sentimentale, di fare accanimento terapeutico su di una relazione ormai in coma irreversibile.

Si rimane insieme per abitudine, principalmente, ma anche per necessità economiche, timore del cambiamento, paura di non trovare più qualcuno che ci ami, desiderio di non ferire qualcuno che potrebbe ancora essere innamorato di noi…

Ma la realtà è una sola: non abbiamo abbastanza coraggio per staccare la spina e prenderci le nostre responsabilità. Quando arriva il punto di non ritorno, quello di massima sopportazione possibile, allora esplodiamo per un nonnulla e roviniamo tutto, anche quanto di bello c’era stato in passato.

Perché? Perché non riusciamo, giorno per giorno, a chiederci se la nostra relazione ci rende felici? Perché tradiamo, nascondiamo, ci lamentiamo e stiamo in silenzio finché la situazione non ci scappa di mano?

Di giorno in giorno speriamo che la tempesta sia passeggera, che qualcosa cambierà da sé, che qualcuno arriverà da chissà dove e ci risolverà le cose. Arriviamo persino a sperare che l’altro ci tradisca e abbia finalmente il coraggio di dirci addio.

Quante amiche abbiamo che parlano quasi con fastidio del marito o del fidanzato? Che vivono con qualcuno che ha abitudini compleatamente incompatibili, una specie di coinquilino intimo piuttosto antipatico? Parecchie. Eppure la stragrande maggioranza di loro si è appena scambiata dolcissimi regali di Natale, frasette melense d’auguri e ha passato le Feste a casa dei genitori di lui.

Ok, lasciarsi è difficile. Ci vuole un coraggio ammirevole, tenacia e capacità di immaginare il mondo da soli. Però, lasciare chi si è amato libero di vivere la propria vita è un regalo senza pari. Saper dire “Ti ho amato sopra ogni cosa, ma ora ti lascio perché non ti amo più e voglio che tu sia felice” non è ipocrita, ma terribilmente sincero.

Quando stare insieme diventa una camera a gas, sapersi lasciare andare è un dono.

Erika POMPILI

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