Se Marina Tomacelli Filomarino di Fondazione Pangea Onlus potesse avere davanti a sè le ministre del nuovo governo, cosa chiederebbe?
Innanzitutto di partire dagli strumenti politici. Bisogna garantire, legalmente, un diritto di libertà alle donne. Ci sono strumenti politici a livello mondiale su cui puntare. Da quattro anni Pangea si impegna a promuovere la SIDAO, la Convenzione per l’Eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne. E’ una convenzione dell’ONU, l’Italia è uno degli Stati membri. Attraverso il comitato della SIDAO viene controllata a livello di legislazione, in che modo lo Stato affronta questa problematica e anche a livello di sostegno territoriale, di centro antiviolenza per far fronte alla violenza.

Ci vuole un finanziamento alle Regioni, ai Comuni…?
Ci vuole un sostegno territoriale. Lo Stato deve poter garantire a livello economico, di supporto logistico e di know how: anche il corpo della Polizia deve essere più formato nel riconoscere casi di violenza; gli ospedali, i Pronto Soccorso dovrebbero avere personale specializzato che riconosca la violenza domestica; le istituzioni dovrebbero garantire un’educazione all’interno delle scuole già da piccoli, perché il bullismo è un fenomeno che parte dall’età di 11 anni. Succedeva anche prima, ma siamo nel 2013: è anche attraverso l’educazione che cambi la cultura. E’ anche una questione economica perché i centri antiviolenza non ce la fanno: si supportano con l’aiuto dei privati. Fondazione Pangea ne ha sostenuti in passato ed al momento ne aiuta due, uno a Latina e uno a Caserta, grazie a collaborazioni con le aziende. Viene tutto dal prezioso contributo di singoli.

Quali sono i vostri progetti in atto?
Abbiamo progetti in Afghanistan ed in India: dal 2002 li abbiamo implementati e lì ci occupiamo di formazione, prevenzione e microcredito a donne discriminate. In Italia abbiamo cominciato a lavorare attivamente nel 2008 appoggiandoci ai centri antiviolenza che già erano operativi sul territorio. La nostra esperienza mescolata alla loro più i nostri finanziamenti hanno permesso di portare avanti il loro lavoro.

Quindi è una questione legata ai privati
Sì, oppure sono le singole persone che offrono un aiuto come volontari. Nei nostri centri antiviolenza molte donne sono volontarie e lavorano 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, non spengono mai il telefono.

Non c’è una pecca dal punto di vista legislativo? Oggi, una donna che si rechi in una struttura ospedaliera per farsi soccorrere dopo una violenza non ha automaticamente la strada spianata verso la denuncia.
Per questo è importante continuare a sostenere questi protocolli a livello internazionale come la SIDAO o come la NO MORE, convenzione che promuove i diritti delle donne. Se una donna non si sente tutelata non denuncia. Per questo è importante rispettare la SIDAO. Abbiamo scritto un rapporto OMBRA che abbiamo presentato alle Nazioni Unite due anni fa a New York. Il comitato SIDAO è stato molto severo nei confronti del governo italiano: di solito bisogna presentare un rapporto ogni quattro anni, all’Italia è stato imposto di farlo dopo due anni. La nostra Simona Lanzoni è stata alle Nazioni Unite ed ha partecipato alla Commissione sulla Condizione delle Donne, la CSW, per comunicare e interfacciarsi con i membru dell’ONU ma anche con gli Stati ed i rappresentanti del Governo per intraprendere delle leggi più indicate.

Ma il lavoro è ancora lungo, ed il nostro viaggio continua…

Paola PERFETTI

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