Di che cosa stiamo parlando quando parliamo di mindfulness? E’ forse una delle parole che sentiamo pronunciare maggiormente nell’ultimo periodo, ma esattamente di che cosa si tratta?

Facciamo un po’ di chiarezza. Mindfulness è una parola inglese che vuol dire consapevolezza, ma consapevolezza in un’accezione particolare. Di descrizioni se ne trovano a bizzeffe, soprattutto in rete, noi prediligiamo quella classica di Jon Kabat-Zinn. “Mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare:a) con intenzione, b) al momento presente, c) in modo non giudicante”.

La si può descrivere anche come di un modo per coltivare una più piena presenza all’esperienza del momento, al qui e ora.

Mindfulness significa meditazione?

L’approccio è basato sulla meditazione di consapevolezza e consiste proprio nel proporre un livello introduttivo, di pratica di meditazione che sia adeguato a contesti quotidiani, all’esperienza di vita normale che sperimentiamo tutti i giorni. In sintesi un approccio che ci aiuta  a metterci in una diversa relazione col disagio, che prima o dopo, tutti sperimentiamo.

Tuttavia non è una tecnica di rilassamento, né  un modo per entrare in qualche forma di trance, né per svuotare la mente e raggiungere il “vuoto”.  Non si può paragonare ad  una sorta di “spa emozionale”, non è nemmeno una forma di “buonismo” che ci spinge ad accettare tutto quello che ci accade.

Come si approccia la mindfulness:

E’ un atto che parte dall’attenzione e dal modo in cui la usiamo, ed è talmente semplice che questa stessa semplicità ne rappresenta la vera difficoltà. Noi facciamo molta fatica ad essere semplici. Da un lato, una capacità progressiva di maggiore presenza al qui e ora ci apre a esperienze inaspettate. Dall’altro, la pienezza dell’esperienza comprende necessariamente anche il suo lato “negativo”: il disagio, la sofferenza, il dolore.

E qui si gioca uno degli aspetti più interessanti di questo approccio che ci chiede e ci insegna a non respingere e a non negare questa dimensione ma a farne motivo di crescita e persino di creatività.

Silvia GALLI