Da ieri, e fino al 9 gennaio 2017, è di scena a Torino, grazie a una collaborazione tra il Museo Nazionale del Cinema, Cinémathèque française di Parigi e Cinémathèque de Lausanne, la mostra Icone, a cura di Matthieu Orléan, una ricostruzione della immensa e variegata carriera artistica di Gus Van Sant, regista americano ma anche autore di polaroid, dipinti, acquerelli e cut-up fotografici.
Senza dimenticare, ovviamente, l’arte che ha contribuito a consacrarlo a livello internazionale, ovvero il cinema.

Per capire a fondo la complessità di questo poliedrico artista, la mostra è divisa in sezioni, passando da tutte le discipline che nella sua lunga vita ha sperimentato.
Il risultato? 180 opere, che comprendono anche preziose stampe fotografiche originali, disegni preparatori per i lungometraggi, cortometraggi inediti, video musicali, making-of e montaggi con le sequenze più celebri e rappresentative tratte dai suoi film.
Il coordinamento della mostra italiana è a cura di Grazia Paganelli e Stefano Boni.

Nonostante la varietà della sua produzione, a tenere legati tutti i linguaggi sono il paesaggio urbano di Portland dove vive, gli spazi desertici, le visioni intermittenti, ma anche una certa percezione alterata della giovinezza, che apprende dalla vicinanza alle istanze della beat generation.

Quello di Gus Van Sant è sicuramente un cinema impegnato, ma anche esistenziale, perché il regista si interroga sempre sull’animo umano, e anticonformista, non solo per la tendenza ad uscire dagli schemi, ma anche per la capacità di portare avanti il discorso sovversivo, senza dimenticare la sofisticata ricerca formale della pittura e l’immediatezza profonda della fotografia.

In concomitanza della mostra, il Cinema Massimo propone una retrospettiva completa di tutti i film di Gus Van Sant, in lingua originale sottotitolati in italiano.

Vera MORETTI